Un gioiello di saggistica narrativa di Elena Kostioukovitch. Tra autobiografia, dolore ma anche speranza: un vibrante appello in difesa della frontiera orientale della civiltà europea
Piani terribili. L’Europa sa bene di non avere garanzia reale contro questa sciagura. In realtà, l’Ucraina svolge il ruolo di fortezza per l’Europa, elevandosi al di sopra dell’abisso di menzogne e cinismo. L’altezza di Kyiv è anche un’altezza morale”. Dopo aver indagato, con efficacia e non senza raccapriccio, “Nella mente di Vladimir Putin” (La nave di Teseo, 2022) Elena Kostioukovitch racconta ora la sua città e la sua patria, in un libro di grande forza d’animo e di notevole valore storico, letterario e umano.
“Kyiv. La fortezza sopra l’abisso” è un piccolo gioiello di saggistica narrativa, un mix di autobiografia e micro-biografie, un pamphlet doloroso ma soprattutto un vibrante appello in difesa della frontiera orientale della civiltà europea. Nel ricostruire la storia recente della capitale ucraina, l’autrice narra le vicende di alcune donne in fuga: un’anonima madre ferita, un’imperatrice, la sua bisnonna, sé stessa. Queste singole vite hanno per teatro grande e tragico la città di Kyiv, la sua architettura, le sue trasformazioni, le sue immani sciagure.
“Un’altra donna corre lungo via Shota Rustaveli, trascinando per mano la figlia. E’ la tarda estate del 1941 (…) Questa donna che corre, Raya, non cadrà all’ingresso del civico 23 e non morirà. Si salverà grazie alla propria determinazione e dieci anni dopo andrà in vacanza sul mar Nero con la figlia, già adolescente. La figlia è Vera, mia madre”.
Fra i molti protagonisti, ampio spazio è dedicato alla figura di Michail Bulgakov, che lascerà Kyiv per trasferirsi a Mosca nel 1918. Bulgakov è una figura controversa, avverte l’autrice: un grande scrittore che però sceglie, come Gogol nel secolo precedente, la lingua russa come modalità espressiva. Egli quindi resiste come può alla dittatura sovietica, ma non riconosce, nell’uso imposto di questa lingua, lo strumento coercitivo utilizzato per secoli dai moscoviti, ai fini della russificazione forzata dei popoli soggiogati.
“Anche nella mia famiglia – spiega Kostioukovitch – la ricca lingua russa è stata divinizzata e protetta in modo analogo. Viceversa, nella nostra cerchia nessuno si preoccupava, appunto, dell’ucraino. Oggi va detto che si trattava di una vera e propria cecità culturale. Ho vissuto un’epifania, ho cominciato a capire cosa sia in verità l’Ucraina soltanto nel 2014 e, ancora più tragicamente, nel 2022”.
Grandi protagonisti di “Kyiv” sono, inutile dirlo, Zelensky e gli eroici manifestanti di Maidan. Del presidente è minuziosamente descritta la straordinaria capacità comunicativa e anche psicologica, in particolare nelle prime fasi della guerra, quando al buio, sotto le bombe, con il viso illuminato solo dalla luce bluastra del telefonino, riesce a infondere calma e coraggio alla sua gente. Zelensky è un innovatore in politica e nel linguaggio, il più capace nel rappresentare la nuova Ucraina che resiste, nata nei mesi di lotta in piazza Indipendenza.
I giorni di Maidan sono narrati con forte partecipazione emotiva: alla violenza del governo filorusso si contrappone una piazza giovane, coraggiosa, piena di empatia e fantasia creativa. Lo scontro è durissimo, prolungato nel tempo, con molti morti, fino alla capitolazione e alla fuga a Mosca del corrotto Yanukovich, il 23 febbraio del 2014.
Kostioukovitch racconta del bisnonno fatto fucilare da Stalin con accuse infamanti, e dell’abominevole massacro nelle fosse comuni di Babyn Yar, nei dintorni della città, dove almeno centomila esseri umani furono trucidati con un colpo alla nuca dai nazisti, nella più grande strage di ebrei della Shoah svoltasi fuori dai campi di sterminio. Il libro si chiude con parole di speranza: “In nessun caso la ‘prigione dei popoli’ (espressione di Lenin) sarà ripristinata di nuovo, nonostante l’aggressione di Putin e le idee di tutti i politologi che per qualche motivo lo ascoltano. Né l’Urss né l’impero russo possono essere ripristinati (…) Nessuno toglierà all’Ucraina le ‘gesta’ che è già riuscita a compiere”.