Il presidente americano sul Kursk dà retta al capo del Cremlino, che si prepara a trascinare Kyiv e l’occidente nell’èra delle trattative eterne. Retrospettiva diplomatica in undici anni di guerra
Donald Trump ha definito la conversazione tra il suo inviato speciale Steve Witkoff e il capo del Cremlino Vladimir Putin “molto buona” e “produttiva”. Il presidente americano crede che presto riuscirà a portare a casa il cessate il fuoco di trenta giorni in Ucraina e in un post sul suo social Truth ha lanciato a Mosca una moneta di scambio invitando Putin a lasciare uscire dalla regione russa di Kursk i soldati ucraini circondati. Putin ha risposto che prima l’Ucraina deve dare ai suoi uomini l’ordine di arrendersi. Le forze armate di Kyiv hanno smentito di essere circondate, hanno detto che si stanno ritirando e per il momento le posizioni dei soldati sono al sicuro. Se davvero gli ucraini non sono circondati, il Cremlino ha convinto la Casa Bianca a fare pressione su Kyiv affinché se ne vada dal Kursk senza che l’esercito russo debba conquistarla con le armi.
La possibilità che la Russia trascini gli Stati Uniti e l’Ucraina in un negoziato eterno è alta e il compito di Putin nei suoi contatti con il presidente americano sarà quello di puntellare la strada della trattativa facendo in modo che non crolli e facendo la parte di chi è sempre stato disposto a parlare di pace. Il Cremlino non vuole rovinare il suo rapporto con il presidente americano, che continua credere più alle parole dei russi che a quelle degli ucraini. L’amicizia con Trump serve non soltanto a rimettere la Russia sul piedistallo delle grandi potenze, ma soprattutto a convincere gli Stati Uniti a eliminare le sanzioni imposte finora. Accettare il cessate il fuoco sarebbe un atto in grado di avvicinare ancora di più Trump a Putin e l’occasione deve essere ben valutata a Mosca. Il capo del Cremlino ha intenzione di usare il tempo, di trascinare le trattative in un purgatorio diplomatico, di stiracchiare i tempi per creare la formula usata finora: il non-accordo. Bisogna ripercorrere la storia della guerra in Ucraina dal 2014 per capire come al conflitto è stata messa addosso la formula “a bassa intensità”, appiccicata come un’etichetta per poter con più facilità volgere lo sguardo altrove. I negoziati sono andati avanti dal 2014. Sono stati trascinati in una sequela di intese chiamate prima Minsk I poi Minsk II e mai risolutive. Dal 2014 al 2020 sono state siglate venti intese di tregua, l’ultima firmata quando c’era già Volodymyr Zelensky a capo dell’Ucraina ed era ancora convinto di poter portare la pace nel paese. L’intesa venne violata dopo venti minuti dall’entrata in vigore: era il 27 luglio, l’ora prevista per il cessate il fuoco era mezzanotte, a mezzanotte e venti venne aperto il fuoco contro postazioni di soldati ucraini.
Sono undici anni che Mosca costringe l’Ucraina e i paesi occidentali che si sono presentati come mediatori in lunghi negoziati, in trattative che poi avevano il fine di arrivare all’invasione del 2022 senza giungere a un accordo che avrebbe potuto garantire a Kyiv delle misure di sicurezza e tutela in più. Vladimir Putin ha detto che per arrivare alla chiusura del conflitto le cause che lo hanno scatenato devono essere eliminate. Nella sua dichiarazione di guerra, la notte del 24 febbraio, Putin disse che Mosca stava iniziando una “operazione militare speciale” per denazificare l’Ucraina. Nei mesi precedenti i suoi emissari, maestri nel rendere le trattative eterne, avevano mandato agli Stati Uniti una lista di richieste inaccettabili tra le quali il ritiro dell’Alleanza atlantica ai confini del 1997, quindi escludendo tutti paesi che avevano fatto parte del Patto di Varsavia. Putin ha intenzione di conquistare tutta l’Ucraina e le ragioni che per lui hanno condotto alla guerra sono rimaste queste, per concluderla quindi vuole che Zelensky (“il regime nazista”) lasci la presidenza, un nuovo voto in Ucraina tramite il quale installare un presidente favorevole a Mosca, e la fine di ogni garanzia di sicurezza per Kyiv, quindi da ogni cammino atlantista o europeista. Della tecnica delle trattative eterne fanno parte anche le proposte talmente eccessive da essere inaccettabili: quando a pochi mesi dall’invasione del 2022 Mosca chiese il ritiro della Nato sapeva bene che l’Alleanza atlantica non avrebbe mai potuto accettare. Ora alla Casa Bianca c’è Donald Trump che per compiacere Putin è capace di molto, ma non di tutto.
Il negoziato per la Russia funziona come mezzo per mandare avanti il conflitto. Mentre Putin prende tempo e discute di un incontro con Trump, consapevole che questa volta non può dire di no alla Casa Bianca; mentre costruisce la sua architettura negoziale, in Ucraina l’esercito russo continua a combattere lungo il fronte e bombardare le città.