Minniti: “ReArm Europe scelta epocale. Sui migranti l’Ue sbaglia”

L’ex ministro, oggi presidente della fondazione Med’Or: “Con la difesa comune può nascere una nuova sovranità europea. Il regolamento sui rimpatri? Senza l’Africa non funziona”

Non ha dubbi, Marco Minniti. “ReArm Europe? Non c’è nessun approccio bellicista. Questo primo passo verso la Difesa europea rappresenta una scelta epocale”. Qualche perplessità, l’ex ministro degli Interni e oggi presidente della Fondazione Med’Or la riserva invece al nuovo regolamento europeo per i rimpatri, l’altra novità europea di questa settimana: “Rischia di rimanere solo sulla carta, perché manca una dimensione fondamentale: il rapporto, con l’Africa”. Difesa e migrazioni, d’altra parte, sono due facce della stessa medaglia. “E da entrambe, per ragioni diverse ma legate, dipende il futuro dell’Europa”.

Minniti parla al Foglio all’indomani del voto di Strasburgo sulla proposta di riarmo europeo, il piano da circa 800 miliardi, che in Italia ha prodotto distinguo e scontri politici, nella maggioranza e nell’opposizione. Presidente, che ne pensa? “E’ stata una scelta probabilmente fin troppo tardiva ma assolutamente necessaria, non più rimandabile di fronte a un mondo che è cambiato radicalmente”. L’ex ministro preferisce tenersi alla larga dalle schermaglie politiche, dalle sparate di Salvini o dalle spaccature del Pd. Ma il messaggio è chiaro: “Siamo davanti a una rottura storica. Non si può inseguire l’interesse politico immediato, bisogna avere il coraggio di fare scelte lungimiranti, anche se appaiono non politicamente vantaggiose”. Molto, prosegue Minniti ricordando i tempi lunghi dell’Ue, andrà approfondito. Passeranno ancora settimane prima che il piano per il riarmo trovi forma concreta. Alcuni concetti tuttavia possono essere fissati: “Lo dico in particolare agli europeisti, a chi si definisce tale. La difesa è il patrimonio più importante per ogni stato. Decidere di iniziare un percorso comune in questo ambito vuol dire contestualmente avviare una discussione su nuove forme di sovranità europea, vuol dire avvicinare la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa”. Anche per questo, aggiunge l’ex ministro, “non vedo nessuna deriva bellicista, è esattamente il contrario. Se l’Ue vuole avere una propria soggettività politica questa è l’unica strada. La difesa comune è anche compatibile con la Nato, complementare, ed è l’unica via per difendere la nostra visione del mondo. Tanto più ora che Trump ha scelto la politica dell’America first e gli Stati Uniti hanno deciso che la loro priorità è nel Pacifico”.

Quello su ReArm Europe, insieme ai nuovi rapporti transatlantici, è un dibattito che inevitabilmente si lega all’Ucraina e in qualche misura dipenderà anche dalle trattative tra Stati Uniti, Ucraina e Russia. “La vicenda ucraina è emblematica”, dice Minniti. “Il sostegno a Kyiv ha permesso all’Europa di definire la propria identità, al suo interno e verso l’esterno. E se oggi si intravede una possibilità di tregua è anche perché l’Ue ha giocato questo ruolo. Dopo lo scontro alla Casa Bianca con Trump, Zelensky è stato accolto a Londra e poi al Consiglio europeo, un segnale di grande importanza”. Nel frattempo i negoziati hanno avuto qualche sviluppo, l’Ucraina si è detta pronta a siglare l’accordo sulle terre rare, accettando la mediazione americana per una tregua di 30 giorni. “La leadership ucraina ha fatto una scelta intelligente e coraggiosa. Adesso la palla passa a Putin, mettendolo di fronte alle sue responsabilità, mentre la pressione di Trump si sposta su Mosca”. A sentire le parole pronunciate del presidente russo questa strada resta molto complicata. Putin ha dato una disponibilità molto generica, ambigua come al solito nei momenti cruciali. “Se alla fine Putin dovesse dire no alla tregua saremmo di fronte a un’altra, ennesima, sfida lanciata dal Cremlino, che continua a scommettere sulla violazione del diritto internazionale, sulla guerra. Dal punto di vista dell’Europa tuttavia sarebbe una ulteriore conferma che la sola risposta possibile è quella che porta alla difesa europea. Sapendo tuttavia che anche la strada che porta dalla tregua a un processo di pace stabile ha bisogno di un’Europa forte”.

C’è poi un altro grande tema di cui si è discusso tra Bruxelles e Strasburgo negli ultimi giorni. Quel regolamento per i rimpatri che in Italia, nella maggioranza, è stato accolto come una legittimazione del modello Albania (e il governo pare stia studiando un decreto ad hoc per modificare il protocollo). Non è la tesi di Minniti, convinto invece che le “scelte tattiche”, quelle che fanno riferimento ad hub nei paesi terzi non rappresentano la soluzione. Sul nuovo regolamento, comunque, l’ex ministro concede che “avere un quadro di riferimento comune è un passo in avanti. Ma senza strategia anche questo piano resterà solo sulla carta. Ancora una volta si privilegia la questione dei movimenti secondari, le esigenze di singoli paesi, perdendo il vero obiettivo”. In questo senso, secondo Minniti, è insomma fondamentale coltivare il rapporto con l’Africa. “Il regolamento per i rimpatri interviene sui sintomi e non sulle cause”, ragiona l’ex ministro. “Occorre invece stringere accordi con i paesi di partenza, con l’Ue in prima fila, sull’esempio di quanto hanno fatto Italia e Spagna. Esperienze che hanno dato risultati, ridotto gli arrivi”.

Minniti fa quindi un esempio: “Si potrebbe garantire un numero definito ingressi regolari, necessari anche a sopperire alla carenza di manodopera, chiedendo in cambio ai paesi africani un ruolo attivo nei rimpatri e nella lotta ai trafficanti di essere umani. Sarebbe inoltre possibile, in questa cornice, organizzare attività di pattugliamento congiunte, nelle acque internazionali, tra forze africane ed europee”. E’ uno schema che permetterebbe di intervenire a monte, con ben altre modalità rispetto a quelle attuali. “E non solo. Questo percorso darebbe all’Ue una legittimazione politica diversa anche agli occhi dell’Africa, l’inizio di un rapporto nuovo effetti positivi da entrambe le parti. Molto del nostro benessere dipende dal continente africano. La parola benessere può diventare il punto di congiunzione. L’Ue – spiega infine Minniti – può essere sempre più un soggetto attivo del benessere per le popolazioni africane. Non dimenticando tuttavia che anche il nostro benessere, in futuro, dipenderà sempre più dall’Africa. Bastano tre concetti: migrazioni, materie prime e lotta al terrorismo”.

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