Vieni avanti Salvini

Vota no al piano Ursula, ma il governo se ne impipa. Twitta come un ossesso e governa come un soprammobile. Lui è un uomo di spettacolo, non appartiene alla politica, quella fatta di strategie, compromessi e responsabilità. È il trionfo dell’inconseguenza

Lei governa, lui twitta. Gli alleati lo tollerano come un jukebox rotto che suona sempre la stessa canzone, l’opposizione lo gonfia come un palloncino da sagra paesana, ma alla fine è Giorgia Meloni a spegnere le luci. E noi stiamo a guardare, perché in Italia, si sa, anche il dramma più cupo finisce sempre con un Salvini che inciampa sul suo stesso rosario. Ieri pomeriggio, a Strasburgo, la Lega ha votato contro il piano di difesa europeo con quell’aria di chi dice “siamo pronti a iscriverci al Pd di Elly Schlein”. Fratelli d’Italia, i cugini di destra con cui i leghisti dividono il governo, ha invece votato a favore con Forza Italia, lasciando il pacifista Matteo Salvini a urlare da solo contro un mulino a vento che, guarda caso, continua a girare. E ora infatti viene il bello. La settimana prossima il Parlamento italiano dovrà decidere con quale mandato spedire il nostro governo al Consiglio europeo, dove si discuterà proprio di quel piano di difesa. E indovinate un po’?

La risoluzione italiana non potrà che essere un bel copia-incolla di quella europea. La Lega, che in teoria dovrebbe opporsi, si troverà a dover dire “sì” perché in politica – quella vera, non quella dei selfie – i numeri contano più dei decibel. C’è chi governa e chi la spara grossa e basta. Indovinate a quale categoria corrisponde Salvini? Non è una novità, intendiamoci. Il Capitano – così lo chiamano i suoi, forse perché affonda sempre la nave – ci ha abituati a queste pantomime. Parla di sovranità, di orgoglio nazionale, di muri contro l’Europa, di uteri in affitto, di vaccini, di pace fiscale e pace in Ucraina, di cavoli a merenda, insomma di qualsiasi cosa, ma poi, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, si scopre che il suo arsenale è composto di aria fritta. Egli è il trionfo dell’inconseguenza, nel senso che può dire davvero qualsiasi cosa ma questa non produrrà nessun effetto sul governo, sugli alleati e in definitiva sulla realtà. Twitta come un ossesso e governa come un soprammobile. La verità è che Salvini non appartiene alla politica, quella fatta di strategie, compromessi e responsabilità. Lui è un uomo di spettacolo, un giocoliere che lancia slogan come palle infuocate, ma quando il sipario cala resta solo il fumo. E qualche like. Dicono che in politica ci voglia fegato, ma a lui basta un fegatello: piccolo, morbido e già cotto.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori “Fummo giovani soltanto allora”, la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.

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