Cancellato l’evento per il diritto allo studio al Campus Einaudi. “Chi ci ha contestato usava la simbologia dei terroristi”, dice Fausto Recupero. Gli aderenti all’appello del Manifesto meditano azioni legali
Zittiti da un’università come quella di Torino che ha preferito cancellare il loro convegno per dare spazio a gente che ostentava simboli di Hamas. Per questo i ragazzi di “Studenti per Israele” stanno valutando scelte forti: anche quella di chiedere i danni all’ateneo. “Ci è stato suggerito da alcuni nostri collaboratori. Aspettiamo di vedere se riusciremo a riorganizzare l’evento. Se così non fosse, passeremo ad azioni più drastiche”, spiega al Foglio Fausto Recupero, che di “Studenti per Israele” è il coordinatore. Martedì avrebbero dovuto tenere all’interno del campus Einaudi dell’ateneo torinese un evento legato al Manifesto per il diritto allo studio, con un’autorizzazione chiesta e ottenuta quasi un mese prima. Ma mentre si stavano avvicinando all’edificio sono stati bloccati sul ponte sulla Dora. Questo perché nel frattempo all’interno del campus si erano radunati oltre 200 manifestanti che protestavano contro il loro evento. “La cosa che ha fatto più impressione, oltre all’atto pratico di impedirci di parlare, è che i manifestanti usassero una simbologia, quella dei triangoli rovesciati, riconducibile ad Hamas”, racconta ancora Recupero. “Così l’università ha preferito attaccarsi a dei cavilli burocratici, temendo le reazioni di questo gruppo di violenti”. Tra le ragioni addotte il fatto che tra le parole d’ordine dell’evento, come circolato in qualche chat, ci fosse il “no all’antisemitismo e alla violenza”. E l’altra ragione è che fossero in corso delle lauree: eventuali scontri avrebbero potuto rovinare una giornata così importante per i laureandi. “La mia modesta opinione è che se c’è qualcuno con un’autorizzazione e qualcun altro che quell’autorizzazione non ce l’ha, bisognerebbe allontanare i secondi, non i primi”, ragiona ancora Recupero.
Fatto sta che il caso specifico ha riacceso i riflettori sul clima negli atenei. Specialmente in quelli torinesi, dove tra Università degli studi e Politecnico le proteste pro Pal sono state più calde che altrove. “Qualche settimana fa hanno bloccato gli accordi con l’Università Ben Gurion. Io ci sono stato in visita e posso assicurare che è una delle università con più studenti arabi che ci sono in Israele. Forse quelli che brandiscono le bandiere della Palestina e si dicono filo arabi queste cose dovrebbero saperle”, aggiunge ancora al Foglio il coordinatore di Studenti per Israele. Il quale, infine, dal caso torinese ha ricavato una convinzione in più: “Evidentemente il lavoro della nostra associazione è importante più che mai. Perché le università da palestre di democrazia si stanno sempre più trasformando in palestre di intolleranza. E a chi dice che oramai le occupazioni sono finite, rispondo: ma allora perché ogni volta che cerchiamo di prendere parola vogliono zittirci?”.
All’ateneo torinese le sigle aderenti al Manifesto per il diritto allo studio (tra cui l’Unione dei giovani ebrei d’Italia), insomma, vogliono concedere il beneficio del dubbio. “Ci hanno detto che l’evento sarà riprogrammato in primavera, anche se non sappiano ancora quando. Stiamo a vedere. Qualora però ci venisse nuovamente impedito di parlare prenderemo in considerazioni azioni più drastiche. Una richiesta di risarcimento è qualcosa che stiamo valutando e che valuteremo insieme agli altri iscritti”.