Il meccanismo per avvicinare il mondo degli investitori al settore difesa. La proposta del Mef è orientata a mobilitare esclusivamente risorse private per evitare che i paesi debbano forzare i parametri fiscali e che la discussione a Bruxelles si impantani sull’emissione di debito comune
Non è un caso che i maggiori apprezzamenti per la proposta italiana di attivare un fondo di garanzia europeo per investimenti in sicurezza e innovazione siano arrivati dalla Francia. “Penso che sia una proposta molto interessante su cui dovremmo lavorare”, ha detto il ministro francese delle Finanze, Éric Lombard, durante la riunione dell’Ecofin in cui l’omologo italiano, Giancarlo Giorgetti, ha discusso in via preliminare la “New European Security Innovation Initiative”, nei fatti una “chiamata alle armi” del capitale privato. La Francia, preoccupata quanto e più dell’Italia per l’incremento del deficit pubblico nel riarmo europeo, da tempo sta cercando di sensibilizzare il mondo degli investitori finanziari come già successo in passato. I grandi fondi d’Oltralpe sono stati i primi nel 2018 ad aderire all’indirizzo europeo del Green deal e a far propri i criteri di sostenibilità ambientale e sociale (Esg) e adesso potrebbero essere i primi a posizionarsi sul settore della Difesa. E un “ombrello europeo” che garantisce i prestiti è un’ipotesi da considerare. La proposta del Mef è, infatti, orientata a mobilitare esclusivamente risorse private evitando così che i paesi debbano forzare i parametri fiscali e che la discussione a Bruxelles si impantani sull’emissione di debito comune visto che i “frugali” sono contrari.
Di che si tratta esattamente? Di creare, con risorse comunitarie e nell’ambito del programma InvestEU, un fondo di garanzia con una dotazione di 16 miliardi che sarebbe in grado di mobilitare capitali per 200 miliardi in tutta Europa in tre-cinque anni. E questo grazie a un moltiplicatore sia interno al fondo (essendo un’istituzione europea ha un basso assorbimento di capitale), sia esterno per iniziativa dei singoli paesi. Al fondo-ombrello possono rivolgersi non direttamente le imprese o gli operatori finanziari ma un soggetto locale: l’Implementig partner. Chi è costui? Un’autorità pubblica, che ad esempio in Italia potrebbe essere la Cassa depositi e prestiti, che fa da catalizzatore delle iniziative private. Dopo un primo screening, Cassa propone al fondo di garanzia europeo le richieste di finanziamento che vengono esaminate da una commissione ad hoc. Una triangolazione necessaria per garantire la qualità degli investimenti e l’esistenza dei requisiti di finanziabilità. In realtà, un esborso a carico dello stato esiste ma solo per potenziare la garanzia offerta dal fondo europeo ai prestiti, quindi dovrebbe trattarsi di cifre contenute che si potrebbero reperire tra fondi nazionali o tra i rivoli del Pnrr.
Tutto questo meccanismo è stato studiato per avvicinare il mondo degli investitori al settore della Difesa, visto che la cifra di 800 miliardi per il riarmo annunciata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si scontra con i vincoli del debito pubblico ed espone i paesi ai giudizi del mercato. Come reagiranno i privati? “Dipenderà da due fattori – dice al Foglio Giuseppe Lacerenza, partner di Keen Venture Partners, società di diritto olandese che investe in start up e scaleup del settore DefenceTech, la prima nel suo genere in Europa – Il primo è la volontà di superare le attuali regole che limitano la capacità degli investitori di entrare nel capitale di imprese che si occupano di Difesa e sicurezza. E non mi riferisco solo ai fondi istituzionali che rispettano i cosiddetti criteri Esg, ma anche agli operatori di private equity che molto spesso sono partecipati da fondi pensione che si rifanno agli stessi princìpi. Il secondo è rappresentato dalle attese di rendimento degli investimenti che per i privati devono essere appetibili”. Lacerenza spiega che negli Stati Uniti, per esempio, gli investimenti nella Difesa sono facilitati da linee di credito pubbliche che fanno in modo che la profittabilità sia superiore ad altri settori per incentivare i privati ad assumersi i rischi. Anche un fondo di garanzia europeo può aumentare l’attrattività di questo settore? “Non saprei dare una risposta su due piedi, bisognerebbe verificare con i singoli progetti, ma l’ostacolo maggiore è un altro: per mobilitare capitali privati per la Difesa bisogna scardinare i criteri Esg e questo si può fare se la Commissione europea assume uno specifico indirizzo. Non solo per rendere più flessibili gli investimenti finanziari ma anche per facilitare il lavoro dei soggetti pubblici coinvolti. Per esempio, nell’ipotesi del fondo di garanzia europeo, Cdp, per poter agire efficacemente, dovrebbe superare i vincoli che finora non le hanno consentito di investire in armi e sicurezza”. In realtà, nel modello ideato dal Mef, Cdp non investirebbe direttamente ma, certo, sarebbe curioso che facesse da ponte con l’Europa per progetti che non sono in linea con le sue politiche interne.