Indipendenza sì, ma graduale. In Groenlandia vincono gli indipendentisti non trumpiani

Le urne mandano un messaggio a Trump: “L’isola non è in vendita”. “Gli elettori vogliono un cambiamento e noi vogliamo uno sviluppo economico per finanziare il nostro welfare. Non vogliamo l’indipendenza domani, ma bisogna costruire delle buone fondamenta”, ha detto il leader del partito più votato Jens Frederik Nielsen

Da un 38enne produttore di foraggi leader di un partito di sinistra ecologista che voleva l’indipendenza il prima possibile a un 33enne ex-campione di badminton leader di un partito social-liberale per cui invece preferibbe che l’indipendenza arrivasse il più gradualmente possibile e mantenendo legami con la Danimarca. Questo è il cambio di leadership in Groenlandia in seguito alle elezioni di ieri, anche se il primo ministro uscente Múte Bourup Egede e il vincitore Jens Frederik Nielsen hanno in comune l’aver risposto a Trump che l’isola “non è in vendita”. Approccio differente rispetto al partito Naleraq, che è l’altro vincitore, e che invece pur senza sponsorizzare apertamente l’idea dell’annessione agli Stati Uniti vede con favore l’interesse di Washington come spinta a recidere i legami con Copenaghen.

Questa spinta alla polarizzazione in seguito alle dichiarazioni della Casa Bianca era stata già fotografata dai sondaggi, che vedevano una chiara avanzata sia dei Demokraatit di Nielsen che del Naleraq (in inuit: Punto di orientamento). Ma è andata anche oltre le previsioni. I Demokraatit, fondati nel 2002 su una posizione anti-indipendenza e poi passati a un indipendentismo molto gradualista, a Copenaghen collegati a quel partito liberale di sinistra Det Radikale Venstre che aveva fatto cadere un governo per protesta contro una strage di visoni di allevamento sospettati essere portatori di Covid, erano accreditati di un raddoppio: dal 9,25 per cento delle elezioni del 2021 a oltre 18. Sono diventati primo partito con addirittura il 30,26, passando da tre a dieci seggi. Stabile col 7,39 per cento (+0,31) e i suoi due seggi l’altro partito liberale Atassut (in inuit Sentimento della Comunità), collegato a Copenaghen ai liberali di destra del Venstre e contrario all’indipendenza. Significa che lo schieramento di coloro che di fronte a Trump ritengono sia utile serbare legami con Copenaghen passa da cinque a dodici seggi.

Il Naleraq, che aveva preso nel 2021 il 12,3 ed era accreditato nei sondaggi oltre il 16, è diventato d’altra parte il secondo partito, con il 24,77 per cento. Passano dunque da quattro a otto gli eletti del partito più trumpeggiante. Un rafforzamento di estremi, pro Copenaghen e pro Washington, che dimezza da 22 a 11 seggi la coalizione di governo, unita da una posizione di indipendentismo anti–America. l’Inuit Ataqatigiit (= Comunità del Popolo) del primo ministro Múte Bourup Egede da 12 a 7 seggi, e dal 37,4 al 21,62. Il socialdemocratico Siumut (= Avanti) da 10 a 4, e dal 30,1 al 14,88.

La tv locale definisce “sbalorditivo” il dato, pompato anche da una forte affluenza del 70,9 per cento: il 4,98 per cento in più rispetto al 2021. Nessuno dei due schieramenti potrà formare un governo da solo, e dunque molto dipenderà dal tipo di coalizione che si riuscirà a organizzare. Nilsen, a sua volta sorpreso per il risultato, dice che “i democratici sono aperti ai colloqui con tutti i partiti e cercano l’unità. Soprattutto con quello che sta succedendo nel mondo”, purché si stia attenti all’economia. “Gli elettori vogliono un cambiamento e noi vogliamo uno sviluppo economico per finanziare il nostro welfare. Non vogliamo l’indipendenza domani, ma bisogna costruire delle buone fondamenta”. Ogni anno il governo danese versa alla Groenlandia 580 milioni di euro, che corrispondono a circa metà delle entrate di bilancio. E il 90 per cento dell’export è costituito dalla pesca. Turismo a parte, c’è un potenziale di immense risorse minerarie ancora da sfruttare che spiegano l’interesse di Trump, a parte le nuove rotte che potrebbero essere stabilite a partire dallo scioglimento dei ghiacci per il riscaldamento globale.

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