Idee in libertà e contro corrente per aprire il mercato dei capitali

Un mercato dei capitali solido, ampio e unico è la conditio sine qua non, secondo Enrico Letta, autore del rapporto sulla unificazione dei mercati. E’ urgente, secondo l’Assonime, partire dall’Italia che ha bisogno di armonizzare con le migliori pratiche internazionali

Se non ora quando? Se l’Unione europea non si fa svegliare nemmeno dal Gran Federatore, quel Donald Trump che un sarcastico Enrico Letta vorrebbe candidare al premio Carlo Magno per il suo contributo all’integrazione europea, allora è meglio alzare bandiera bianca. “E’ finito il tempo delle illusioni”, ha proclamato Ursula von der Leyen, è il tempo della “pace attraverso la forza”. Ma tra le illusioni perdute c’è non solo il dormire tranquilli sotto l’ombrello a stelle e strisce, ma anche l’idea che la sicurezza possa essere pagata da Bruxelles o dagli stati nazionali. Un mercato dei capitali solido, ampio e unico è la conditio sine qua non, ha sottolineato Letta, autore del rapporto sulla unificazione dei mercati. L’ex premier ha parlato ieri a Milano aprendo il dibattito organizzato dall’Assonime, la società delle società quotate in borsa, sul mercato dei capitali e la governance delle imprese.

“Se non ora, quando” è l’accorata invocazione di Piergaetano Marchetti, professore emerito alla Bocconi, luminare del diritto commerciale, che ha contribuito alla riforma della finanza varata negli anni ’90 che oggi viene a sua volta riformata. Il sottosegretario all’economia Federico Freni ha detto che le conclusioni potrebbero essere pronte alla fine di quest’anno. Anche questa normativa farà parte del più ampio processo di unificazione europea che sta ricevendo un nuovo impulso dalla pressione americana e dalla minaccia russa. Nella Ue qualche passettino avanti si vede già, non solo nella retorica europeista, ma in alcuni segnali politici come la riunione dei grandi paesi insieme all’Olanda, promossa dalla Spagna, il riallineamento in corso tra la commissione, il parlamento, le proposte contenute nei rapporti di Letta, Draghi ed Enrico Giovannini, dalla concentrazione degli sforzi su due priorità: la sicurezza e la transizione industriale. Tutto ciò richiede la convinzione che non c’è difesa né transizione senza investimenti finanziati dal mercato, con denari privati non solo e non tanto con i soldi dei contribuenti. E c’è bisogno anche di una salutare autocritica sugli eccessi di regolamentazione dall’alto.

L’Assonime ha dato un contributo di idee e proposte annunciate dalla presidente Patrizia Greco e illustrate dal direttore generale Stefano Firpo. In sostanza si tratta di introdurre un solo regolatore al posto di tanti guardiani nazionali (facendo leva sull’Esma che oggi è solo un’agenzia non un’authority), un solo regolamento, una riduzione del fardello normativo, una regolamentazione migliore cioè non solo più snella e chiara, ma anche più flessibile, basata su alcuni principi fondamentali validi per tutti lasciando poi la ricaduta nazionale, dimensionale o settoriale a quella che Marchetti ha chiamato “il vestito su misura”. E’ urgente, secondo l’Assonime, partire dall’Italia che ha bisogno di armonizzazione con le migliori pratiche internazionali. L’eccesso di regole europee rischia di farci perdere “la nostra terra rara, cioè il risparmio”, ha ammonito Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo. Pier Carlo Padoan che presiede Unicredit, ha messo l’accento sulla necessità di nuovi strumenti finanziari al di là della borsa, usando anche incentivi fiscali; quindi occorrono fondi di private equity, venture capital e tutto quello che oggi fa da volano, in particolare, proprio negli Stati Uniti, altrimenti è inutile lagnarsi perché i risparmiatori italiani investono a Wall Street.

Gli alti esponenti delle due grandi banche nazionali ritengono sia necessario favorire un mercato dei capitali più ampio e diversificato, non bancocentrico, per trasformare il risparmio che abbonda in investimenti che scarseggiano. Mettere insieme mercati dei capitali e investimenti ha ribadito Lorenzo Bini Smaghi, presidente della Société Générale; diversificare gli impieghi, non solo Bot, immobili e conti correnti, ha insistito Andrea Vismara ad di Equita principale banca d’affari indipendente. La sessione pomeridiana coordinata da Marcello Bianchi, direttore per i mercati dei capitali e la governance, ha discusso sulla riforma della legge Draghi. Passo avanti verso l’Europa? Sì, ha risposto, ma l’articolo 12 della legge capitali che regola la lista per il rinnovo dei consigli di amministrazione, è “una smagliatura”. Preoccupato per l’uso e l’abuso del golden power, ha ammonito: “Attenti alla tentazione di creare un Delaware de noantri” con tante eccezioni particolari che inficiano la regola generale.

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