L’ex deputato del Carroccio fu promotore di un ordine del giorno, votato a larghissima maggioranza, che impegnava il governo a investire in Difesa il 2 per cento del pil. “L’Italia deve recuperare un gap di investimenti che deriva dal passato. Oggi c’è una questione legata al consenso”
“Adesso si parla di spese ancora più grandi. Ma questo impegno c’era già, l’abbiamo preso almeno da qualche anno e resta attuale. L’Italia deve recuperare un gap di investimenti che deriva dal passato”. L’impegno di cui parla Roberto Paolo Ferrari, ex deputato della Lega, è l’aumento degli investimenti militari.
A marzo, nel 2022, c’era ancora il governo Draghi, Ferrari – allora capogruppo del Carroccio in commissione Difesa alla Camera – fu il primo firmatario di un ordine del giorno collegato al decreto Ucraina, che impegnava il governo a incrementare le spese per la difesa verso il fatidico 2 per cento del pil. “Era la soglia da raggiungere in ambito Nato, si invitava il governo a percorrere questa strada, compatibilmente ai vincoli di finanza pubblica. Aggiungo che una parte di quel 2 per cento doveva essere assorbita anche dall’arma dei carabinieri che svolge principalmente funzioni di ordine pubblico. Quell’aumento andava quindi a vantaggio della sicurezza interna, questione ancora all’ordine del giorno. Poi si è aggiunto anche un tema di sicurezza internazionale. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina sono saltati tanti gli schemi”.
Quell’odg fu sottoscritto da tutti i capigruppo della commissione. “E trovò un consenso ampissimo in Parlamento”, ricorda Ferrari mentre quasi in contemporanea a Strasburgo l’Eurocamera discute il piano di riarmo europeo. E praticamente tutte le forze che allora sostennero la proposta leghista (“un passaggio storico”, la definì in quell’occasione lo stesso Ferrari) oggi cercano distinguo e pretesti, oppure hanno diametralmente cambiato idea. A partire proprio da Matteo Salvini, che da giorni attacca l’Ue e Ursula von der Leyen. “A volte ci sono dichiarazioni e messaggi che finiscono per essere poco chiari”. Che intende? “Secondo me – risponde Ferrari – da parte di Salvini c’è una spinta verso la risoluzione del conflitto, verso la fine di questa strage in Ucraina. Questo aspetto prevale su altri. Salvini, come ribadisce spesso, parla da ‘padre’ e così arriva a certe posizioni. Ma è chiaro che andrebbero integrate, dal punto di vista della difesa, da altre considerazioni e da ragionamenti di altro tipo”.
L’ex parlamentare del Carroccio, che ora è tornato fare politica sul territorio, crede inoltre che il piano europeo vada nella giusta direzione, purché serva a rinforzare “la difesa dei singoli paesi europei, le alleanze della Nato. Ma non sono a favore della cosiddetta Difesa europea comune, perché non esiste un soggetto politico europeo, un governo vero e proprio, che dovrebbe poi gestire questo esercito comune. Ci sono solo forme di rappresentanza indiretta”.
Ferrari ricorda poi il suo contributo politico alla riforma del reclutamento, con l’obiettivo di aumentare di 10 mila unità il personale delle forze armate: “Soprattutto la Marina che era quella più sottodimensionata. Nel 2022 c’era poi un altro fattore, quello economico, assolutamente imprescindibile. Adesso questo aspetto è superabile”. Il piano avanzato da Bruxelles infatti dovrebbe prevedere una serie di investimenti con l’Ue a fare da garante, ma anche lo scorporo degli investimenti militari dal Patto di stabilità. Ma questo evidentemente non basta perché, prosegue Ferrari, “detto fuori dai denti c’è un tema di consenso, assolutamente. La commissione Difesa di cui ho fatto parte, presieduta dall’onorevole Gianluca Rizzo, del M5s, ha privilegiato l’interesse nazionale di lungo periodo, mettendo da parte l’interesse momentaneo che poteva derivare da posizioni più consone a quello che era il sentimento comune”. Mentre il dibattito odierno, anche alla luce della drammatica cronaca internazionale, sembra tante volte utilizzare l’opinione pubblica come primo – talvolta unico – criterio. “Forse perché è passato il messaggio di una corsa al riarmo, della deriva bellicista, quasi da guerra fredda. Si poteva comunicare meglio. Mentre gli investimenti dovrebbero rientrare in una logica di tutela degli interessi nazionali, delle capacità operative delle alleanze di cui facciamo parte, e all’interno delle quali abbiamo preso impegni. Tutto questo, con scenari che cambiano così repentinamente, non sempre è facile da spiegare e far digerire ai cittadini”. Il risultato sono spesso mezze scelte o scelte di comodo. A proposito di decisioni, che ne pensa della posizione del governo italiano su ReArm? La condivide? “Sì, credo sia una posizione di equilibrio. E questo – conclude Ferrari – vale anche rispetto al conflitto in Ucraina, tra quei paesi dell’est che vorrebbero una maggiore aggressività verso Mosca e chi invece non vorrebbe investire alcuna risorsa”.
Mentre il dibattito odierno, anche alla luce della drammatica cronaca internazionale, sembra in molte occasioni utilizzare l’opinione pubblica come primo – in certi casi unico – criterio. “Forse perché è passato il messaggio di una corsa al riarmo, della deriva bellicista, quasi da guerra fredda. Si poteva comunicare meglio. Gli investimenti dovrebbero rientrare in una logica di tutela degli interessi nazionali, delle capacità operative delle alleanze di cui facciamo parte, e all’interno delle quali abbiamo preso impegni. Tutto questo, con situazioni e scenari che cambiano così repentinamente, non sempre è facile da spiegare e far digerire ai cittadini”. Il risultato sono spesso mezze scelte o scelte di comodo. A proposito di decisioni, che ne pensa della posizione del governo italiano su ReArm? La condivide? “Sì, credo sia una posizione di equilibrio. E questo vale anche rispetto al conflitto in Ucraina, tra quei paesi dell’est che vorrebbero una maggiore aggressività verso la Russia e chi invece non vorrebbe investire alcuna risorsa”.