Cosa non torna nell’incidente marittimo contro una petroliera

Aumentano i sospetti sulla collisione del 10 marzo al largo della costa dello Yorkshire. L’ombra della flotta fantasma russa

Ieri la polizia del Regno Unito ha arrestato il comandante della portacontainer Solong, quella che la mattina del 10 marzo, al largo della costa dello Yorkshire, si è scontrata con la petroliera battente bandiera americana che si trovava all’ancora e trasportava 220.000 barili di carburante per aerei destinati alla Difesa americana. La società tedesca proprietaria della Solong, la Ernst Russ, ha confermato poi che “il comandante è di nazionalità russa”, mentre “il resto dell’equipaggio è composto da cittadini russi e filippini”. Sebbene l’arresto del comandante di 59 anni sia per sospetto omicidio colposo in relazione alla collisione, la vera dinamica resta un mistero.

Soltanto ieri la Guardia costiera inglese è riuscita a spegnere l’incendio divampato fra le due navi – per ora forse scongiurando il pericolo di disastro ambientale ventilato dagli osservatori. Il fuoco però ha rallentato anche i primi rilievi sull’incidente. Le 36 persone degli equipaggi della Solong e della Stena Immaculate, che si trovava ancorata a circa venti chilometri al largo del porto di Hull, sono state evacuate immediatamente (quelli della petroliera sono state tratte in salvo da aerei militari americani), anche se risulta ancora un disperso della Solong, e si presume sia morto. Si sta speculando molto in queste ore sull’incidente di martedì mattina, anche se lo stesso giorno in Parlamento il sottosegretario ai Trasporti inglese, Mike Kane, cercava di minimizzare, dicendo che qualcosa è andato “terribilmente storto”, ma che non c’è ancora “alcuna prova” che si tratti di un atto doloso. L’informazione della nazionalità del comandante cambia le cose. Il capitano John Konrad, fondatore di gCaptain e molto attivo nelle news marittime, ha scritto ieri su X che sebbene sia improbabile, la possibilità che il comandante russo della Solong abbia di proposito colpito la Stena Immaculate col carburante destinato alle Forze armate americane non è da escludere. E prima di tutto fa un’analisi statistica: “Meno di una petroliera su 750 a livello globale è americana; meno di una su 1.000 si trova in Europa”. Uno degli argomenti degli analisti di movimenti marittimi a favore dell’incidente non intenzionale è che la Solong non ha mai cambiato rotta o rallentato prima dell’impatto. Ma anche contro questa argomentazione ci sono diverse potenziali spiegazioni: trasmissioni Gps o Ais falsate, ritardi nella registrazione. Si è detto pure che il comandante della nave di nazionalità russa fosse ubriaco, come in una nuova stagione della serie tv svedese “Whiskey on the Rocks” (Disney+), che reinterpreta l’episodio del sottomarino sovietico S-363 che nel 1981 si incagliò sulla costa meridionale della Svezia – nella realtà il comandante parlò di un malfunzionamento dovuto al maltempo, nella serie l’equipaggio era ubriaco dopo una notte di festeggiamenti. Fiction, appunto.



Nelle ultime quattro settimane almeno quattro petroliere sospettate di essere parte della “flotta fantasma” della Russia sono esplose, in quelli che secondo le diverse inchieste sembrano essere stati atti di sabotaggio – l’ultima imbarcazione, la Seajewel, era ferma davanti al porto di Vado Ligure a metà febbraio. Secondo diversi analisti, le operazioni contro la flotta fantasma sarebbero attribuibili all’Ucraina, che cerca di colpire la Russia nel suo traffico di greggio che vìola le sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale. E il sospetto è che il Cremlino abbia usato le sue navi (sebbene non direttamente riconducibili alla Russia) anche per azioni di sabotaggio contro i paesi Nato, per esempio con il trancio di cavi sottomarini. L’Europa da tempo chiede azioni più forti e mirate contro la flotta fantasma della Russia, ma qualche giorno fa gli Stati Uniti hanno respinto la proposta della presidenza canadese del G7 di istituire una task force per affrontare con risposte coordinate la cosiddetta “flotta ombra” di petroliere russe.



Il trasporto marittimo è già in crisi, non solo dopo le minacce del gruppo terrorista yemenita degli houthi, che l’altro ieri ha annunciato di voler “riprendere il divieto di passaggio di tutte le navi israeliane” nel Mar Rosso, nello stretto di Bab al-Mandeb e nel Golfo di Aden, che vuol dire attacchi indiscriminati alle navi occidentali. L’altro ieri sera un attacco missilistico russo sul porto di Odessa ha colpito una nave per il trasporto di grano mentre stava caricando i suoi container, uccidendo quattro persone dell’equipaggio. Un lungo articolo di ShippingWatch ieri spiegava che dopo tre anni di guerra il settore del trasporto marittimo ucraino è in ginocchio non solo per gli attacchi, ma anche per la mancanza di forza lavoro.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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