Sette maratone in sette giorni

L’impresa dell’ex pugile che in una settimana ha corso i 42,195 chilometri della prova sette volte in sette contineti diversi

Sfidiamo l’impossibile. Per essere migliori. E volte ci si riesce. Ci è riuscito Paul Holborn, 40 anni, ex pugile professionista, che ha conquistato sette maratone in sette continenti. Tutto qui? Lo ha fatto in sette giorni. “Sembrava semplicemente impossibile”, ha detto al New York Times. Anzi, peggio: “All’inizio il solo pensiero di partecipare a una maratona era sempre stata una follia”. Così ha pensato bene di esagerare, e vai, diciannove mesi fa si è iscritto alla World Marathon Challenge. Ha corso in Antartide, Sudafrica, Australia, Emirati Arabi Uniti, Spagna, Brasile e Stati Uniti. Tutto nell’arco di una settimana. “Pensavo di andare lì, presentarmi e magari arrivare 25°. Ma ho scoperto di essere competitivo e dopo due gare ero in vantaggio di qualche minuto”. Il resto è stato un viaggio attorno al mondo. Tutto di corsa. Abbandonò la boxe a 27 anni. Aveva disputato 15 incontri professionistici. Si trasferì in Canada, dove, a quanto ha dichiarato Paul alla Bbc, “la mia forma fisica andò a farsi benedire”. Difficile credergli. Eppure. “Ho sempre avuto un obiettivo nella mia vita ed era solitamente legato al lavoro: pagare la casa, pagare la macchina, costruire questo, costruire quello”. Mai una vita in vacanza. Semmai quella di uno normale.

Si trasferì in Texas, non si sentiva bene, non aveva più stimoli, non capiva perché fosse “così depresso”. Quando è così la testa ti diventa pesante, confusa. E il fisico cede. “Avevo tutto. Poi ho venduto la mia attività. All’improvviso, quando ho ottenuto tutto quello che volevo, sono diventato un po’ infelice”. Beveva. Paul aveva bisogno di uno scopo, di un traguardo. “Se hai mai sofferto di depressione, non importa dove ti trovi, con chi sei, hai solo bisogno di un hobby. Non riuscivo a capirlo”. Invece di un traguardo ne ha trovati sette. A The Athletic Holborn ha raccontato che il momento dell’illuminazione arrivò durante un volo. Pensava, rimuginava, e intanto scrollava. Cercò su Google la sfida più dura del mondo. Venne fuori la World Marathon Challenge. “Non sono riuscito a togliermela dalla testa per tre giorni. Niente mi aveva colpito così tanto negli ultimi anni, quindi sapevo di essere davvero interessato, ma ci volevano 50.000 dollari”. Andò da sua moglie. Lei lo guardò: “Ne hai bisogno, fallo. Voglio solo vederti felice, costi quel che costi”. Il debutto, nel 2023, segnò 83 secondi fuori dalle tre ore. Era una maratona texana. Insomma, un inizio. Ci voleva di più. Holborn ha trovato una dimensione, un programma, un piano. Un allenatore, un amico di famiglia che lo ha preparato al meglio. E al peggio.

Paul è diventato il primo britannico a vincere l’edizione maschile della sfida, lanciata per la prima volta nel 2015. Una delle gare più dure è stata ovviamente quella in Antartide. Ha detto di amare il “silenzio e la bellezza”, in un luogo dove la temperatura si aggira attorno ai 5 gradi. “Quando siamo scesi dall’aereo faceva davvero caldo perché il sole ti colpiva da tutte le direzioni”, ha raccontato Holborn. “Qualcuno mi ha chiesto in cosa l’Antartide fosse diversa da Sunderland, e io ho risposto che era il sole”. Poi sono arrivate tutte le altre. Però ancora Paul non sa come sia riuscito a correre sette maratone in così poco tempo. “Non ne ho idea, semplicemente non ho ancora avuto la possibilità di metabolizzarlo”, ha detto poche ore dopo aver tagliato il traguardo di Miami. All’arrivo ha abbracciato la moglie, baciato la figlia, e si è fatto dare la maglia del Sunderland. Il resto è filosofia: “Sto solo cercando di far capire il concetto a chiunque voglia ascoltare. Si sente sempre dire: ‘Oh, ho 40 anni, è finita’”. Non è così: “Il mio allenatore continua a dirmi di dimenticarmelo, quello che sei stato non tornerà. Concentrati sulla persona che sarai”.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.