La Groenlandia al voto calcola l’impatto di Trump sulle sue aspirazioni

Secondo i sondaggi, soltanto il 6 per cento degli interpellati approva l’idea di far parte degli Stati Uniti, mentre l’85 per cento la respinge con forza. Il dibattito sull’indipendenza si intensifica, con i partiti divisi tra gradualismo, accelerazione della separazione e posizioni filo-danese

Grande come Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Italia, Grecia, Svizzera e Belgio messe assieme, con i suoi 2.166.086 chilometri quadrati la Groenlandia è l’isola più grande del mondo, ma è per l’80 per cento coperta da ghiaccio e ha solo 57 mila abitanti, di cui 18 mila nel capoluogo Nuuk. Al 90 per cento la popolazione è inuit e in inuit sono anche i nomi dei sei partiti che si affrontano alle elezioni di martedì 11 marzo. Inuit Ataqatigiit, “Comunità del popolo”, è il partito indipendentista di sinistra verde che arrivò primo alle scorse elezioni, con 12 seggi sui 31 del Parlamento locale Inatsisartut, “quelli che fanno la legge”. Primo ministro è il suo leader, il 38enne Múte Bourup Egede, che a 26 anni lasciò gli studi di Storia per mettersi a lavorare nell’azienda produttrice di foraggi di suo padre, e a 34 anni divenne capo del governo di questo territorio autonomo del regno di Danimarca oggi rivendicato anche da Donald Trump. “Sosteniamo con forza il vostro diritto di determinare il vostro futuro e, se lo scegliete, vi diamo il benvenuto negli Stati Uniti d’America”, ha detto il presidente degli Stati Uniti nel suo primo discorso al Congresso. “Vi terremo al sicuro. Vi faremo diventare ricchi. E insieme porteremo la Groenlandia ad altezze che non avete mai pensato possibili prima”. “Kalaallit Nunaat è nostra”, gli ha risposto Egede su Facebook, lo strumento di comunicazione più usato nell’isola, usando il nome groenlandese del suo paese: “Non vogliamo essere americani, né danesi; siamo Kalaallit. Gli americani e il loro leader devono capirlo. Non siamo in vendita e il nostro futuro sarà deciso da noi in Groenlandia”. E poi, una emoji del pugno chiuso e una bandiera groenlandese.



Secondo i sondaggi, soltanto il 6 per cento degli interpellati approva l’idea di far parte degli Stati Uniti, mentre l’85 per cento la respinge con forza. Tra le forze politiche fa però eccezione Naleraq, “Punto di orientamento”, un partito indipendentista centrista e populista che alle scorse elezioni aveva preso quattro seggi: aveva formato una coalizione con Inuit Ataqatigiit nel 2021, finita dopo un anno. Egede ha allora formato un’altra coalizione con il partito socialdemocratico Siumut, “Avanti”, forte di 10 seggi. Anch’esso indipendentista, ma in modo più graduale, specie dopo le dichiarazioni di Trump che invece secondo il Naleraq potrebbero essere una spinta per accelerare la separazione da Copenaghen. Senza apertamente parlare di un’annessione agli Stati Uniti, il partito pensa che Washington potrebbe essere un partner importante. Tra i suoi candidati c’è Qupanuk Olsen, che con oltre 500 mila follower su TikTok e 300 mila su Instagram è l’influencer più popolare della Groenlandia. Anche il Siumut però parla di un referendum sull’indipendenza.


Unionisti sono invece i due partiti liberali: i Demokraatit, che sono legati ai liberali di sinistra danesi del Radikale Venstre, e che hanno tre deputati; e l’Atassut, “Sentimento della comunità”, che sono legati ai liberali di destra danesi del Venstre, e che hanno due deputati. Per la prima volta si presenta il partito Qulleq, fondato nel 2023 da scissionisti del Siumut e del Naleraq, e che per arrivare all’indipendenza il più rapidamente possibile vorrebbe sostituire i 544 milioni di euro annui del sussidio di Copenaghen col dare via libera all’estrazione del petrolio. Il suo nome indica un olio di grasso di foca che è un combustibile tradizionale di vari popoli artici.

I sondaggi danno entrambi i partiti al governo in forte calo. L’Inuit Ataqatigiit scenderebbe dal 37,4 al 31 per cento. Il Siumut dal 30,1 al 21,9. Salirebbero invece gli altri. Di più i filodanesi: dal 9,25 al 18,8 i democratici; dal 7,1 al 9,7 l’Atassut. Ma qualcosa prende anche l’indipendentismo in odore di trumpismo del Naleraq: dal 12,4 al 16,5. In una conferenza stampa all’inizio del 2025 Egede aveva affermato che “sono già iniziati i lavori per creare il quadro per la Groenlandia come stato indipendente”, ma probabilmente Trump ha spaventato. I groenlandesi hanno rimostranze storiche con il governo danese, accusato anche di avere in passato sequestrato bambini alle famiglie e di avere imposto il controllo delle nascite. Ma probabilmente la nuova linea della Casa Bianca ha fatto apprezzare la linea dura della premier Mette Frederiksen, che ha protestato contro Trump con una telefonata infuocata, e ha mobilitato i servizi per monitorare potenziali tentativi da parte di potenze straniere di influenzare il voto. Non solo gli Stati Uniti, con il viaggio del figlio di Trump nell’isola a gennaio: i servizi hanno indicato anche Cina e Russia come possibili istigatrici di azioni occulte, pur senza precisare dettagli.

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