Quelli che stanno cercando di rovinare il calcio

Dalle idee folli di Piqué di abolire gli 0-0, all’accanimento dell’Ifab contro i portieri con la regola degli 8 secondi, una norma insensata e inutilmente punitiva. Il problema è che a cambiare le regole c’è chi può farlo veramente e che poi lo fa

Forse un metro ideale per capire chi odia il calcio, ma non riesce a dirlo, è guardare le sue proposte per cambiarlo, annotare la malsana idea di bombardare le regole, di elevare il livello di difficoltà di qualcosa che è così popolare proprio perché ti basta un pallone e due zaini per poterci giocare. Sono giorni pieni di “come gli viene in mente?”, che fuggono dal senno ogni volta che spunta chi vuole fare proposte, ammodernare il calcio. Non che il calcio debba restare antico, non lo è più da un pezzo, ma la corsa alla rivoluzione miete idiozie. Ad esempio, quelle di Gerard Piqué, uno dei calciatori più vincenti della storia che, tolte le scarpette, ha deciso di dedicarsi all’innovazione, con risultati discutibili. La Kings League, un torneo di calcetto che ha inventato lui, con streamer e vecchie glorie in campo, carte da estrarre e una serie di trovate bislacche, sembra una trasmissione di intrattenimento televisivo camuffata da partita di calcio. Che, a unire i puntini delle sue (e di altre) proposte, sembra il futuro che alcuni vogliono assegnare al pallone. L’ultima l’ha fatta parlando al podcast di Iker Casillas, ex portiere del Real che a fine carriera ha cambiato strada: Piqué ha detto che lo 0-0 non gli piace, che ha un’idea. Eccola: “Non può essere che vai allo stadio, spendi 100, 200 o 300 euro e guardi una partita che finisce 0-0. Qualcosa deve cambiare. Una proposta da valutare sarebbe che se la partita termina 0-0 le due squadre devono prendere zero punti. Sono certo che al 70esimo si aprirebbero le partite”.

La fine della partita perfetta di Gianni Brera, che considerava lo zero a zero finale la prova che in quella gara non ci fossero stati errori. Perché se qualcuno segna, qualcun altro molto probabilmente ha sbagliato e, certo, se ogni gol è un’emozione anche resistere se sei una squadra inferiore fino a non far segnare l’altro è una forma di gratificazione emotiva. Quello che Piqué, annoiato neoimprenditore non considera è che c’è della poetica anche nella partita senza gol, nella definizione di “pareggio a occhiali” perché scrivete 0-0 su un foglio e sì, anche voi starete pensando la stessa cosa. In realtà, non è solo l’equiparazione dello 0-0 a una doppia sconfitta a rendere insensata la frase di Piqué, ma proprio tutta la lettura del calcio nella frase. Quella secondo cui è ingiusto che una persona paghi dai cento ai trecento euro per vedere una partita se poi le squadre non segnano e non che una persona paghi dai cento ai trecento euro per vedere una partita. E quella secondo cui dopo 70 minuti le partite si possano aprire senza pensare che, invece, dopo 88 minuti le due squadre possano preferire regalarsi un gol a testa per portare a casa un punto ciascuno. Piqué ha fretta di velocizzare tutto, ha già messo radici nel tennis, cambiando il format della Coppa Davis per farla diventare più rapida, ma al tempo stesso meno epica. Tutto di fretta, anche l’ultima proposta proprio nel tennis che ha fatto perdere la testa a Panatta. Ha detto Piqué: “Perché si serve due volte nel tennis? Sono trenta secondi in più ogni volta. La gente non vuole vedere questo, vuole vedere il punto”. Ha detto Panatta, in diretta tv, poco dopo: “Ha già rovinato la Coppa Davis con la nuova formula, ora insiste. Perché Piqué non pensa al calcio?”. Ma guardi, Panatta, magari smette di interessarsi pure al calcio per lasciare noi in posizione a godere anche di una noiosissima partita senza gol.


Il problema è che a cambiare le regole c’è poi chi può realmente farlo. E lo fa. Dalla prossima stagione se il portiere tiene la palla più di otto secondi tra le mani l’arbitro dovrà assegnare un calcio d’angolo alla squadra avversaria. Rientra nello strano progetto di bullizzazione del portiere che ormai avanza da anni. Vogliamo più gol? Rendiamo più difficile la vita di chi deve evitarli. Questa non è un’idea di uno strano imprenditore che vuole rendere il gioco sempre più circense, ma proprio una decisione dell’Ifab, i custodi delle regole del pallone, già testata in alcuni campionati in questa stagione (compreso il Primavera italiano). Otto secondi, che però prima erano sei (e c’era la punizione indiretta), ma nessun arbitro applicava la regola perché forse pure gli arbitri si erano resi conto che era una stupidaggine, che il portiere che si arrotola sul pallone per custodirlo con la sua squadra in vantaggio è una forma d’arte. Una norma così insensata e inutilmente punitiva che ancora viene in mente la partita inaugurale dell’Europeo del 1988, quando in Italia-Germania l’arbitro fischiò mentre Zenga aveva il pallone in mano e ripetutamente fece il segno del “quattro” con le dita. Nessuno, né i telecronisti del momento e nemmeno i calciatori in campo, capì se volesse dire che aveva tenuto la palla più di quattro secondi, se aveva fatto quattro passi con il pallone in mano, fatto sta che fu assegnata una punizione a due in area e Brehme segnò il gol dell’1-1, mentre ci domandavamo che calcio fosse quello. Ora, otto secondi per tenere la palla risponde anche a un concetto caro a Piqué: tutto più veloce, il calcio come un reel, perché di questo stiamo parlando (ricordate quando Andrea Agnelli lanciando la Superlega parlò di una competizione delle partite con gli highlights?) e perché gli strumenti delle nuove generazioni sono ormai il pretesto per il concetto più profondo che hanno in mente: le partite devono essere a uso dello show, una specie di wrestling, ma con il pallone. Invece il calcio è bello proprio perché spesso non è bello: perché attendi novanta minuti fosse anche per un gol solo, quello della tua squadra. È bello perché è semplice, può permettere a Davide di bloccare Golia sullo 0-0 e può farti divertire per una goleada senza costringere il portiere – sarà il prossimo passo? – a parare con le mani legate. Ecco: state fermi, per carità. Ci divertiamo lo stesso, da più di 150 anni.

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