Schlein affossa Milano

Piegata ai diktat della procura, la segretaria dem sconfessa due sindacature targate Pd. E Sala paga pegno. Servono idee, non solo inchieste, per governare la capitale lombarda: vale per tutti

Vivi complimenti al Pd di Elly Schlein, in un paio di giorni la segretaria è riuscita ad affossare due delle poche linee politiche dotate di prospettiva del suo partito: prima la posizione sulla difesa dell’Ucraina, poi la difesa di un modello di sviluppo credibile e di buona amministrazione di una città come Milano, che la sinistra governa dai tempi di Pisapia, piegandosi nel più puro giustizialismo ai diktat delle inchieste del pool edilizio del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano (“una casalinga prestata alla magistratura”, disse di sé per rivendicare il suo imprinting molto populismo giudiziario) costruite su capziose interpretazioni di leggi e regolamenti ma ora approdate al famoso salto quantico, una ipotesi (personale, non sistemica) di corruzione.

“Dopo i fatti emersi oggi è evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti”, ha detto Schlein affossando il “Salva Milano”, decreto votato alla Camera dal suo partito e approvato, inoltre, dalla parte più attenta ai fatti del suo Pd.

A parte l’Ucraina e il garantismo (basterebbe vedere come il Pd ha scaricato, in assenza di qualsiasi prova, due sue parlamentari europee), il punto politico notevole è che il Pd, anche molto per una pura lotta interna, si è acconciato a sposare la linea di una procura che evidentemente considera la giunta Sala come una succursale della Gintoneria, sconfessando oltre dieci anni di amministrazione in cui il Pd è stato protagonista. E, soprattutto, ha sconfessato una visione di Milano, dello suo sviluppo, di un riformismo economico possibile (il welfare di Milano si paga anche con l’edilizia e l’overtourism di lusso) in cambio di nessuna visione. La sinistra che ha deciso di eleggere Beppe Sala a suo capro espiatorio non ha un progetto compiuto per l’edilizia sociale (lo sta facendo un assessore tecnico di Sala), né per le periferie, a parte manifestare contro l’inesistente razzismo sistemico al Corvetto: un’idea per i quartieri è ad esempio usare gli oneri del nuovo stadio per rifare le case popolari, ma i Verdi sono contro. Studentati? Qualcuno ha notato che gli scappati di casa sotto le tende – sponsor Unione studenti e Cgil – sono spariti? Hanno trovato tutti un loft? O era propaganda che non ha risolto niente? Si potrebbe continuare, immaginando il modello di sviluppo nimby e blocca-tutto di un* prossim* sindac* linea Schlein.

A proposito, andrebbero fatti i complimenti anche a Beppe Sala, non fosse che è ora l’evidente agnello sacrificale: avrebbe dovuto forse parlare prima e con più coraggio delle inchieste, porre un aut-aut vero al Pd. Ma, in verità, il suo errore politico è essersi imbarcato in un secondo mandato autocostruendosi una giunta che lo ha messo sempre e subito in minoranza sui temi del “modello Milano”. Ora paga pegno, ma come disse Pizzul delle Notti magiche, “è andata così”. Mercoledì il sindaco ha giustamente detto che se ci sono stati reati andranno sanzionati, ed è stato il primo a dichiarare che “non ci sono le condizioni oggettive per proseguire con il ‘Salva Milano’”. Ma la sua è chiaramente una triste resa politica, aggravata dal non aver voluto difendere, almeno in articulo mortis, la ratio di un provvedimento di natura tecnico-giuridica utile a fare chiarezza sulle stesse inchieste (non esenti da forzature valutative).

Elly Schlein e l’ala (forse maggioritaria) del suo partito che hanno deciso di affossare due sindacature e mezzo targate Pd – memento: appoggiando inchieste che si basano sulla chiamata in causa, tra le altre, di una legge sulla rigenerazione urbana firmata da Giuseppe Conte, il loro fortissimo punto di riferimento progressista – affidandosi ai pm. Meglio sarebbe stato proporre un (auspicabile, necessario) processo di revisione politica di un “modello” di sviluppo che ha mostrato in più casi di non funzionare più. Prendere la scorciatoia giudiziaria non è mai la scelta migliore: tanto è vero che lo fanno anche FdI e la Lega. Va aggiunto, ad adiuvandum, che le inchieste di Milano non hanno finora riguardato casi di corruzione, quindi la nemmeno velata accusa di Schlein che ci si trovi di fronte a un fenomeno di malaffare sistemico è ingiustificata. E anche la procura dovrebbe tenere conto della natura, per ora, individuale di fatti ipoteticamente corruttivi. Anziché alimentare, anche a mezzo stampa as usual compiacente, un clima da Tangentopoli francamente improbabile (a proposito: i politici con chi dovrebbero consultarsi, quando servono indicazioni tecniche? Con i pm?).

Vivi complimenti dunque anche al silente procuratore Marcello Viola, di cui in città s’intravvede solo una certa mancanza di indirizzo dei suoi sottoposti, che ha portato in questi anni a un eccesso di mediatizzazione di inchieste penali borderline con il sistema delle amministrazioni – l’inchiesta sulla natura della Fondazione Milano Cortina è un caso tipico.

Vivissimi complimenti, infine, alla destra milanese risvegliatasi dal letargo improvvisamente forcaiola. Il garantismo sotto la Madonnina si ferma agli amici degli amici. FdI e Lega hanno scaricato a loro volta malamente il “Salva Milano”, cui avevano contribuito e che lo stesso Salvini ha sollecitato, evidentemente con l’idea di lucrare a breve un vantaggio politico o elettorale. Sarebbe meglio riflettere, invece, che se anche il “modello Milano” delle giunte Sala è fallito, da parte della destra milanese non si è ancora visto uno straccio di progetto di governo futuro della città. L’ultimo candidato scelto dalla arrembante destra milanese, il Cav. ormai era fuori gioco, fu un tale che nemmeno sua mamma votò. Servono idee, non solo inchieste, per governare una città. Vale per tutti.

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  • Maurizio Crippa
  • “Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini”

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