“L’Europa usa l’Iva per avere un vantaggio ingiusto”, dice la Casa Bianca promettendo tariffe “reciproche”. Ma si tratta di un fraintendimento dell’imposta sul valore aggiunto, che non è né un dazio né un sussidio all’export ma una tassa neutrale sul consumo
Donald Trump ha detto che l’Europa è nata per “fregare” gli Stati Uniti e, uno dei modi con cui lo fa, è secondo il presidente americano l’imposta sul valore aggiunto (Iva). E i dazi “reciproci” annunciati contro l’Unione europea sono proprio la risposta di Washington a questa pratica scorretta, simile a un dazio, che è l’Iva. Il tema non è nuovo. Già nel 2016, nel programma del suo primo mandato, Trump e i suoi consiglieri sostenevano che l’Iva è da un lato un “sussidio implicito all’esportazione” per l’Europa (e gli altri paesi che applicano questa imposta) e dall’altro una “tariffa implicita per gli esportatori statunitensi”. Si tratta, in sostanza, di un “doppio colpo” che è all’origine del deficit commerciale nei confronti del Vecchio Continente.
La questione, dopo nove anni, è riproposta negli stessi termini. “Usano l’Iva per avere un vantaggio ingiusto contro gli Stati Uniti – dice ora il vice capo di gabinetto della Casa Bianca Stephen Miller –. Lo sapete che quando spediamo un’auto dagli Stati Uniti in Europa è tassata al 30%? Un’auto tedesca spedita in America è tassata al 2,5%”. Peter Navarro, senior counselor di Trump per il commercio, e già uomo ascoltato sui dazi durante il primo mandato, spiega che l’Europa aggiunge all’export di auto americane l’Iva del 20% “che funziona come una tariffa, oltre alla tariffa del 10% che hanno già, ed è un sussidio all’export”. Ma queste lamentele hanno un senso?
La risposta sintetica è: no. E sono il prodotto di un’errata comprensione del funzionamento dell’Iva. Il sistema alla base dell’imposta sul valore aggiunto è diffuso tra quasi tutti i paesi sviluppati, gli Stati Uniti sono tra i pochissimi paesi a non avere l’Iva ma la sales tax. Sono imposte analoghe sui consumi, ma mentre l’Iva si applica a ogni passaggio della produzione che incrementa il valore di un bene o di un servizio, la sales tax si applica esclusivamente al consumo finale. Per questa sua caratteristica, l’Iva dà diritto a un rimborso (per l’imposta già versata) quando un prodotto viene esportato e, al contrario, obbliga a versare l’imposta quando un prodotto viene importato. Sulla base di questo meccanismo, gli uomini di Trump vedono l’Iva come unfair: è un sussidio alle esportazioni per le imprese europee (che ottengono il rimborso Iva quando esportano) ed è un dazio sulle importazioni dagli Stati Uniti (su cui i consumatori europei pagano l’imposta).
In realtà, questa visione è viziata da un banale fraintendimento del sistema. Non c’è nulla di scorretto perché, essendo un’imposta sul consumo, l’Iva la pagano i consumatori finali europei. Se invece il bene viene venduto negli Stati Uniti verrà pagata la sales tax americana. Ed è per questa ragione che la casa automobilista europea, che ha già pagato un pezzo di Iva, ha diritto al rimborso sull’imposta versata: perché non è stata venduta in Europa. Se, al contrario, i paesi europei non rimborsassero l’Iva sulle esportazioni starebbero imponendo alle imprese un’imposta sulla produzione (o sull’esportazione), e non più un’imposta sui consumi. Allora sì che l’Iva diventerebbe distorsiva.
“L’Iva è è un’imposta neutrale nei rapporti internazionali, perché non differenzia l’onere fiscale a seconda che i beni siano importati o prodotti internamente”, dice al Foglio Dario Stevanato, professore di Diritto tributario all’Università di Trieste. “La detassazione dei beni esportati dall’Unione europea – prosegue Stevanato – non può essere vista come un sussidio mascherato all’esportazione, ma è la coerente applicazione della logica economica dell’imposta, e del fatto che il consumo avverrà nel paese di destinazione”.
C’è sicuramente una differenza tra le aliquote Iva, che in Ue sono in media attorno al 20%, e della sales tax che negli Usa in media è al 6,6%, con ampie differenze tra i vari stati. Ma questa è, appunto, una scelta di politica fiscale che spetta a ogni stato dell’Ue o degli Usa, e che non ha alcuna implicazione distorsiva sul commercio internazionale. D’altronde nessuno in Europa ha mai pensato che l’aliquota Iva al 22% che si applica in Italia sia una sorta di “dazio” interno rispetto, ad esempio, alla Germania che applica un’aliquota ordinaria al 19%. Analogamente, negli Stati Uniti nessuno ha mai pensato che la California con la sua sales tax al 7,5% stia imponendo una tariffa unfair sui prodotti che arrivano dall’Oregon dove la sales tax è zero.
“L’Iva non discrimina su dove si trova il produttore, ma sul consumo – dice al Foglio Alessandro Santoro, professore di Scienza delle finanze alla Bicocca di Milano –. È neutrale rispetto all’acquisto dei beni fatti dal consumatore, tratta allo stesso modo sia i beni prodotti internamente sia quelli importati. Il dazio, al contrario, discrimina a seconda da dove proviene il prodotto”. Se un consumatore europeo deve acquistare una Ford prodotta in America o una Bmw prodotta in Germania paga esattamente la stessa Iva.
A dire il vero, tra le due tasse sui consumi, una piccola differenza c’è. La sales tax è un’imposta un po’ più rozza – non a caso gli Stati Uniti sono tra i pochi paesi a usarla, insieme a Cuba, Malesia, Corea del nord, Somalia e Yemen – perché, a differenza dell’Iva, si paga solo nel passaggio finale. Nella realtà, però, accade che spesso la sales tax venga pagata anche nelle transazioni intermedie e, quindi, comporta una doppia tassazione quando poi viene applicata anche nella vendita finale. Secondo le Tax Foundation, think tank americano indipendente, circa il 40% del gettito della sales tax deriva dalle transazioni intermedie, imponendo così un costo ulteriore sulle imprese statunitensi. Ma ciò non dipende dall’Iva dell’Ue. “La sales tax impone una penalità sulla produzione nazionale che l’Iva, o una sales tax meglio concepita, non imporrebbe – scrive la Tax Foundation –. L’Iva dei paesi Ue non sta sussidiando nulla: sono gli Stati Uniti che si stanno solo sparando nei piedi”.