Le toghe fanno tintinnare le manette e la politica cestina il Salva Milano

Dopo l’arresto di Oggioni, ex vicepresidente della Commissione paesaggio, il comune retto dal sindaco Sala ha chiesto di abbandonare la proposta di legge pensata per risolvere il problema delle inchieste per presunti abusi edilizi

La magistratura ha ammazzato definitivamente il Salva Milano, cioè la proposta di legge (approvata dalla Camera e in corso di esame al Senato) elaborata per chiarire le contraddizioni normative che si intrecciano intorno alle numerose inchieste aperte negli ultimi mesi nel capoluogo lombardo sui presunti abusi edilizi. Ieri sera, al termine di una giornata iniziata con l’arresto ai domiciliari di Giovanni Oggioni, ex direttore dello Sportello urbanistica del comune di Milano, fino a pochi mesi fa vicepresidente della Commissione paesaggio (ruolo ricoperto dal 2021 al 2024), lo stesso comune retto dal sindaco Beppe Sala ha chiesto esplicitamente di abbandonare il provvedimento legislativo: “Gli elementi di novità, e purtroppo di maggiore gravità, descritti negli atti di accusa inducono questa amministrazione a non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge cosiddetta ‘Salva Milano’”. Posizione subito condivisa dalla segretaria Pd Elly Schlein: “Non ci sono le condizioni per andare avanti”.

Le novità contenute nell’ennesima inchiesta aperta dalla procura di Milano sono due. Per la prima volta, dietro ai numerosi casi di presunti abusi edilizi, gli inquirenti ipotizzano il reato di corruzione: Oggioni (già coinvolto in numerosi altri procedimenti aperti dalla procura) avrebbe svolto consulenze remunerate per diverse decine di migliaia di euro in favore di un’associazione di categoria dei costruttori e di un costruttore privato mentre era membro della commissione per il paesaggio, in cambio di interventi favorevoli per sbloccare progetti immobiliari in città.

La seconda novità riguarda la rete di relazioni che gli indagati (in particolare Oggioni e Marco Cerri, progettista ed ex componente della Commissione paesaggio) avrebbero instaurato con alcuni parlamentari, contribuendo alla stesura degli emendamenti della legge Salva Milano. I parlamentari nominati nelle intercettazioni – puntualmente finite sui giornali, alla faccia del “bavaglio” che secondo Ordine dei giornalisti e Fnsi sarebbe stato introdotto dal governo Meloni – sono Maurizio Lupi (Noi con l’Italia), Tommaso Foti (Fratelli d’Italia) e Alessandro Morelli (Lega). I tre, pur non essendo indagati, sono finiti subito nel tritacarne mediatico-giudiziario.

Ma se per i pm milanesi i presunti contatti avuti dagli indagati con i parlamentari sono segno addirittura “dell’attitudine eversiva degli indagati”, sia Lupi che Morelli sono stati costretti a spiegare (al pubblico come ai magistrati) che “i gruppi parlamentari, per affrontare questioni complesse, si confrontano con associazioni di categoria, esperti, professionisti e imprenditori e cittadini”. “Come potrebbe un ufficio legislativo redigere proposte ed emendamenti senza un ascolto?”, ha chiesto Lupi. Gli autori della proposta Salva Milano si sarebbero forse dovuti confrontare con i componenti della Commissione paesaggio del comune di Bari?, aggiungiamo noi. “Il testo finale è stato elaborato in totale autonomia perché il Parlamento non scrive leggi sotto dettatura”, ha poi aggiunto ovviamente Lupi.

La vicenda giudiziaria è stata subito colta al balzo dal leader dei Cinque stelle, Giuseppe Conte, da sempre contrario al Salva Milano: “Una legge scempio. Oggi scopriamo addirittura che è stata scritta sotto dettatura di un indagato a beneficio di varie forze politiche”. L’ennesimo uso della giustizia a fini politici da parte dei grillini.

A stupire è piuttosto la reazione di FdI e Lega, “garantisti” solo quando serve. Per il gruppo consiliare della Lega al comune di Milano, le inchieste “sono l’ennesima conferma dell’esistenza di un ‘sistema Milano’ dettato dalla politica delle amministrazioni Pisapia e Sala”. Per Fdi “il sindaco Sala dovrebbe prendere atto della sfiducia nei confronti del suo operato”. Insomma, pur di colpire Sala, anche i due partiti di centrodestra hanno fatto scattare il meccanismo della gogna, dimenticandosi però che nelle intercettazioni sono coinvolti proprio due loro parlamentari.

Un paradosso gigantesco, come il clamoroso passo indietro di Sala, fino a ieri strenuo sostenitore del Salva Milano. Fino alla vista dei pm.

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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