Dal Project 2025 americano alla sperimentazione del bilancio a base zero, la necessità di rivedere profondamente la spesa pubblica appare sempre più urgente. Mentre l’Europa impone nuove sfide fiscali, è tempo di riprendere il cammino verso una riorganizzazione più efficiente e sostenibile
Uno degli elementi distintivi della recente esperienza del Department of Government Efficiency (Doge), così come dell’esperienza Milei in Argentina, peraltro, è la scelta di intervenire sulla spesa pubblica fermando ed eliminando (o quasi) determinati programmi di spesa. Il caso dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (UsAid) è ormai abbastanza noto come lo è, ad esempio, mutatis mutandis il caso dell’agenzia di stampa statale (Telam) in Argentina. Non già, in altre parole, correggendo la rotta ma in alcuni casi semplicemente azzerando determinati capitoli di spesa ritenuti inefficaci rispetto agli obbiettivi o caratterizzati da obbiettivi non meritevoli di essere perseguiti. E non si pensi che si tratti di interventi estemporanei: il Project 2025 della Heritage Foundation dedica un intero capitolo al caso UsAid, redatto da autori con esperienza diretta dell’argomento. Lo si può condividere o meno ma è difficile sostenere che si tratti di valutazioni improvvisate.
Sono esempi che in Italia dovrebbero disturbare solo chi ha la memoria corta. La legge 243/2012 – nelle Disposizioni transitorie e finali – aveva già previsto, infatti, che si desse luogo da parte della Ragioneria generale dello stato alla sperimentazione di un bilancio “a base zero”, e cioè di un bilancio in cui ogni singola voce di spesa viene rimessa in discussione per il complesso della spesa stessa e non solo per quanto riguarda gli incrementi o le riduzioni dello stanziamento rispetto agli esercizi precedenti. Merita riportare per esteso alcune conclusioni di quella sperimentazione: “La sperimentazione mostra come sia possibile, tramite un approccio a base zero, rendere più evidente il collegamento tra i servizi prodotti, nell’ambito di uno specifico programma di spesa, e le risorse finanziarie, umane e strumentali richieste. Tale approccio spinge i livelli manageriali delle amministrazioni a interrogarsi su soluzioni alternative per il raggiungimento degli obiettivi assegnati e, anche a parità di attività svolte, sulle modalità organizzative più efficienti… E’ però opportuno tener presente che una eventuale revisione delle attività realizzate potrebbe richiedere anche significativi cambiamenti degli assetti organizzativi, fino ad arrivare anche alla soppressione degli uffici che si occupano delle attività considerate obsolete”.
Certo, essendo noi in Italia e non negli Stati Uniti o anche nella Argentina recente, l’idea che la soppressione degli uffici possa condurre anche al licenziamento del relativo personale non appare proponibile e, di conseguenza, si conclude che “tali riorganizzazioni possono essere affrontate solo in un’ottica di medio periodo, ricorrendo anche a complessi processi di riconversione e formazione del personale”, ma rimane il fatto che da oltre dieci anni la strada è aperta per una revisione della spesa pubblica che incida in profondità sulla struttura della spesa stessa. Una struttura – è il caso di dirlo – ormai profondamente inadeguata rispetto ai bisogni collettivi e, purtroppo, non più compatibile con la capacità attuale (e non futura, ci auguriamo tutti) dell’economia italiana di produrre ricchezza.
Soprattutto inidonea se rapportata alle necessità ormai prevalenti a livello europeo, necessità prepotentemente emerse nel momento in cui è apparso a tutti chiaro che non sarebbe più stato possibile – come abbiamo fatto per decenni – scaricare su altri gli oneri legati alla nostra sicurezza (convincendoci, nel tempo, che il “modello europeo” fosse una nostra creazione e non anche un frutto di circostanze che ci permettevano una particolare composizione della spesa pubblica). La nuova governance fiscale europea ci dà un orizzonte pluriennale. Forse sarebbe il caso di riprendere lo spunto offerto dalla legge 243/2012 e dare qualche, anche limitata, concretezza a quella sperimentazione.