L’obiettivo della nuova Amministrazione è quello di far saltare la regolamentazione europea e di tornare a un sistema di relazioni bilaterali. Per la Casa Bianca ciò che conta di più è la libertà d’impresa. Il resto viene dopo
Le reazioni le più disparate al discorso tenuto dal vicepresidente J. D. Vance alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di metà febbraio mostrano che l’Europa non ha ancora preso le misure della nuova Amministrazione americana. Ciò che non si è capito, in particolare, è che per Trump la politica – nelle sue forme più varie, dalla difesa alla diplomazia, dalle istituzioni pubbliche alla regolamentazione – viene messa al servizio dell’economia, e non viceversa. Questa è la specificità del populismo americano.
La maggior parte degli osservatori è rimasta scoccata dalle accuse volte da Vance ai paesi europei per le privazioni alla libertà di espressione. Ma quelle accuse non erano che una cortina di fumo, provocatoria ma irrilevante. Non solo perché gli esempi menzionati da Vance erano marginali e in parte falsi. Ma soprattutto perché la nuova Amministrazione non sembra mostrare particolare interesse al rispetto dei diritti civili, nemmeno nel proprio paese.
Se ne è avuto conferma durante l’incontro di un paio di giorni fa tra Trump e il primo ministro inglese Starmer con i giornalisti, a cui ha partecipato anche Vance. Quando è stato chiesto a quest’ultimo di spiegare le parole usate a Monaco, Vance ha risposto che le sue critiche non erano rivolte tanto a ciò che fa il Regno Unito nei confronti dei propri cittadini ma piuttosto “all’impatto sulle aziende tecnologiche americane, e dunque, per estensione, sui cittadini americani”. In risposta, Starmer non ha trovato di meglio che difendere la “grande tradizione di libertà di parola” nel Regno Unito, dimostrando di non aver capito il problema.
Per la nuova Amministrazione, ciò che conta più di tutto è la libertà d’impresa, che è lo strumento fondamentale per far crescere le grandi aziende tecnologiche americane, non solo all’interno degli stessi Stati Uniti ma anche nei rapporti con il resto del mondo. L’accesso ai mercati, possibilmente con regole e con tassazione minime, è fondamentale per consentire dei campioni del tech americano di estendere le loro posizioni dominanti a livello globale. Lo spiega bene Peter Thiel, uno dei fondatori di Silicon Valley. Nel suo libro Da Zero a Uno (Rizzoli, 2014) analizza come i monopoli siano i soli in grado di creare innovazione e di crescere nel tempo, mentre la concorrenza distrugge le aziende. La valorizzazione azionaria dei monopoli tecnologici si basa non tanto sui profitti attuali ma su quelli futuri, che dipendono dall’accesso a nuovi mercati. In effetti, è quello che si è verificato negli ultimi anni. L’intero differenziale di performance borsistica americana rispetto all’Europa registrato nell’ultimo decennio è interamente dovuto alle cosiddette “magnifiche sette” aziende tecnologiche americane (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla). Escludendole, la Borsa di Wall Street non ha fatto meglio di quelle europee. In altre parole, la supremazia economica americana dipende esclusivamente dal successo delle imprese tecnologiche (oltre che dall’aumento del debito pubblico). Ciò spiega perché questo settore rappresenta la priorità numero uno della nuova Amministrazione americana. Spiega anche tutta una serie di decisioni interne, come quella di ridurre l’autonomia di alcune autorità (ad esempio l’Antitrust e la vigilanza sui mercati finanziari), per riportarle sotto il controllo politico. Spiega anche l’animosità nei confronti dell’Unione europea, il mercato più ricco ma che è anche fortemente regolamentato. La normativa europea, che privilegia la privacy e i diritti di proprietà dei dati, rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita delle aziende tecnologiche americane. Alla pari del sistema di cooperazione fiscale europeo, che riduce la possibilità per le multinazionali di scegliere il proprio domicilio al fine di minimizzare le loro imposte.
L’obiettivo palese della nuova Amministrazione è quello di far saltare la regolamentazione europea e di tornare a un sistema di relazioni bilaterali, dove ovviamente vince il più forte. Questa impostazione non è priva di fragilità. Mettendo la politica al servizio di un solo settore si corre il rischio di un rapido mutamento di consenso, soprattutto nel caso di inaspettate inversioni di tendenza dei mercati finanziari. L’esperienza storica mostra che ogniqualvolta si verifica un disallineamento eccessivo tra le quotazioni del settore tecnologico e il resto del sistema economico, i mercati si aggiustano bruscamente, innescando effetti di contagio sull’economia mondiale. Dati i livelli raggiunti attualmente dai mercati azionari, non c’è da stare troppo tranquilli.