Avreste mai pensato che alcune carte Pokemon potessero valere decine di migliaia, se non centinaia di migliaia di euro? Abbiamo intervistato Enrico Cozzaglio, titolare di Monkey, in zona Porta romana a Milano, che si definisce “il negozio giusto per nerd, collezionisti o per chi si avvicina per la prima volta al mondo dei giochi di carte collezionabili”. Partiamo dalle basi. I Pokemon nascono come protagonisti di due videogiochi per la console portatile Game Boy della Nintendo. Correva l’anno 1996. Il loro creatore fu il giapponese Satoshi Tajiri che ideò delle buffe creature immaginarie dotate di superpoteri che lottano fra di loro per il divertimento e per lo spirito competitivo dei loro padroni umani. Dai videogiochi nacque una galassia di prodotti e opere dell’ingegno: cartoni animati, fumetti, lungometraggi cinematografici, libri, gadget… E, per l’appunto, un gioco di carte collezionabili, come ce ne sono tante altre e che ancora oggi vengono vendute in edicole, fumetterie e nei negozi specializzati. Per descrivere il mondo delle carte Pokemon, Cozzaglio fa un paragone con i francobolli. Collezionabili, cioè, come i francobolli; ma “francobolli” con cui si può giocare. Il gioco è simile a quello degli scacchi, ci spiega, e in più ha una componente di fortuna che deriva dal pescare la carta dal mazzo, mentre “la parte collezionismo è molto più vicina alle tessere telefoniche, ai francobolli per l’appunto, o alle scarpe e agli orologi”.
Come dicevamo, le carte Pokemon possono raggiungere, in taluni casi, altissimi valori di mercato. Basta fare un giro su eBay per trovare venditori che propongono le proprie carte a cifre che potrebbero sembrare vertiginose. Il prezzo più alto pagato finora per una carta Pokemon è di 5 milioni e 275 mila dollari. Si tratta di una Pikachu Illustrator acquistata nel 2021 dallo youtuber e wrestler americano Logan Paul. Pikachu è il pokemon più famoso in assoluto, un simpatico esserino giallo con le orecchie a punta, e la serie Illustrator venne prodotta in serie limitatissima nel 1998 in Giappone come premio per un concorso di illustratori.
“A influenzare il prezzo delle carte ci sono più fattori”, argomenta Cozzaglio, quando gli chiediamo lumi. “È come giocare in Borsa: scarsità del prodotto, rarità… Magari la carta viene prodotta solo per un evento speciale come una mostra”. E ci fa l’esempio del cosiddetto “Pikachu di Van Gogh o del Pikachu di Munch”. Oppure si tratta di una carta realizzata solo per il vincitore del mondiale (perché, ricordiamolo, con le carte Pokemon si gioca e si organizzano tornei a tutti i livelli). “E poi c’è anche una parte di mercato in cui la speculazione porta a far salire i prezzi”, avverte Cozzaglio.
Come per tutte le forme di collezionismo, conta anche lo stato di conservazione e la perfezione dell’oggetto. Torniamo alla carta record, quella da più di cinque milioni di dollari a cui accennavamo prima. Quella Pikachu Illustrator era “gradata” PSA 10. Ma cosa significa? Ce lo spiega ancora Cozzaglio. Una carta gradata è una carta certificata da un ente certificatore. Gli enti di certificazione principali, continua Cozzaglio, sono tre: Psa, Beckett e Cgc. Vengono certificate l’autenticità, la superficie (cioè lo stato generale della parte anteriore e posteriore della carta, ndr), la centratura (ovvero l’esatta simmetria dell’immagine rispetto ai bordi, ndr)…”. E viene assegnato un voto da 1 a 10. Ecco spiegato cosa significava quel Psa 10.
Qualcuno di voi ricorderà il gioco su smartphone in realtà aumentata che si chiamava Pokemon Go che divenne un fenomeno di massa qualche anno fa. Quanto hanno aiutato giochi del genere (oggi va forte Pokemon Pocket), e i film, a diffondere la popolarità di questo mercato? “Molto”, ci risponde Cozzaglio. Hanno riavvicinato chi bambino non era più a un mondo che gli ricordava l’infanzia, quando magari con quelle carte giocavano… “e hanno aiutato anche tanti altri a farci mercato”.
E i social network? Per Cozzaglio, i social in questa storia recitano “una parte buona e una parte cattiva”. La parte buona, afferma, è che grazie ai social puoi arrivare a qualunque collezionista e trovare il pezzo raro che ti manca. Capita su Instagram, ad esempio: dove “molti fanno show off (cioè mostra, Ndr) delle loro collezioni, e da lì parte una trattativa di scambio”. E la parte meno buona? Sentiamo Cozzaglio: “C’è un mondo sommerso di mercato esentasse, perché non tutti hanno una partita iva” e “si permettono di vendere”. Come luoghi virtuali in cui ciò avviene, cita innanzitutto “Tik tok, i live di vendita…”. Insomma, chiosa, “i social sono il bene e il male di questo mondo”.
Un mondo popolato da bambini, ci spiega Cozzaglio, ma anche da adulti “che magari lo fanno come investimento. Anche se una carta che può essere ristampata non sarà mai un buon investimento”. Un punto, questo, che forse è il caso di sottolineare prima di compiere passi azzardati.