Appare come un’operazione riuscita a metà Miss Fallaci, serie in otto episodi da cinquanta minuti, coproduzione tra Minerva e Paramount+ e in onda su Rai Uno per quattro serate. Nonostante la materia narrativa di partenza fosse molto promettente. Oriana Fallaci è personaggio interessante, complesso, molto contemporaneo. Larger then life. Sullo schermo è interpretata da Miriam Leone che in questa prima stagione della serie racconta una Fallaci a inizio carriera. Siamo alla fine degli anni Cinquanta e la giornalista lavora al settimanale L’Europeo occupandosi di spettacoli. Lei però sogna di intervistare i potenti del Mondo, non rimanendo relegata in un ambito che sente poco suo.
Sfrutta (anzi meglio, si va a prendere) l’occasione di una trasferta a New York di una settimana, con l’obiettivo di trovare e intervistare Marilyn Monroe, per addentrarsi nel mondo amaricano, incontrare personalità di alto profilo ed arrivare persino ad Hollywood. Accetta di scrivere articoli per il produttore Albert Gordon che in cambio le offre libero accesso al dietro le quinte degli Studios. Partecipa a cene esclusive, diventa amica di Orson Welles, trova una chiave di accesso al mondo glam americano. E, per il giornalismo italiano, trova la sua voce. L’America la valorizza per la sua determinazione, perché sa cosa vuole e crede abbastanza in sé stessa da provarci fino in fondo.
Ha un sogno, la determinazione ed è disposta ad abbracciare le regole del gioco (non è quindi un caso che il suo talento abbia la prima occasione di emergere proprio negli Stati Uniti). La vicenda professionale di Oriana si intreccia con quella personale, nella relazione con il collega giornalista Alfredo Pieroni (Maurizio Lastrico), rapporto passionale e tormentato che metterà alla prova la giornalista, chiedendole continuamente di scegliere tra la relazione con lui e il lavoro. La Fallaci è personaggio affascinate e le sue caratteristiche, di temperamento e parabola personale, ben si prestano al racconto di una donna che ha precorso i tempi, rifiutando i limiti inscritti nel giornalismo “femminile”.
Come tutti i racconti biografici, però, anche questa serie sconta un po’ un limite di partenza. Trattandosi di una biografia ci sono dei vincoli di veridicità che fanno sì che la narrazione risulti ben fatta ma episodica. Si sente infatti un po’ la mancanza di una tensione interna del racconto, un obiettivo profondo che la Fallaci persegua al di là dei singoli risultati ottenuti nel suo lavoro. È un prodotto solido e ben realizzato ma infondo un po’ ibrido, che non spinge su un’identità narrativa precisa e per questo – forse – perde efficacia per platee diverse (ovviamente, sulla carta, la platea di Paramount+ non è quella di Rai1 ed era quindi difficile scrivere una serie riuscendo a mantenere un equilibrio di racconto quando si parla a persone così diverse). Rimane comunque il racconto di una personalità che ha portato la voce e lo sguardo italiano nel Mondo. E come brillava, miss Fallaci.
Qual è il tono della serie in tre battute?
“Non esagero dicendo che, in ogni esperienza, lascio brandelli della mia anima”.
“Lei riesce a far dire alle persone cose che non direbbero mai”.
“Esistono domande giuste e domande sbagliate”