Il progetto di spartizione dell’Ucraina tra Putin e Trump è più complicato del previsto

Un qualsiasi accordo negoziale senza e contro Kyiv sancirebbe una affermazione di potere russo in Europa e nel mondo che perfino la Casa Bianca non sarebbe in grado di digerire. È la variabile ucraina

La spartizione della Polonia tra Stalin e Hitler non fu così complicata. Complicate furono le conseguenze ultime, l’esito della guerra mondiale, con la vittoria dell’Europa della libertà democratica, e dell’America di Roosevelt che era un’antica appendice europea e del vecchio mondo nel XX secolo diventò così, dando una base all’occidente e guidandolo in battaglia, una matrice moderna. America first! fu questo, altro che scemenze e cotillons e incubi di Lindbergh e del suo successore tardivo. Ma siamo sicuri che sia semplice il progetto di una spartizione dell’Ucraina tra Putin e Trump? Il Cremlino assicura che Trump non è filorusso. C’è da fidarsi. Intanto lui e il suo pazzo di corte parlano di chi ha combattuto l’invasione russa per tre anni, Zelensky, come fanno gli sciacalli, non sono parole, non sono espressioni di una politica, sono morsicature al collo, bestiali, che accompagnano un negoziato per depredare il paese che si vuole definitivamente sconfitto delle sue risorse in terre rare a compenso dei finanziamenti di guerra.



Anche Churchill e gli inglesi pagarono agli Stati Uniti i debiti contratti con il Lend-Lease Act, che permise di affrontare la Luftwaffe e i panzer e la Marina tedeschi, e lo fecero mantenendo la tessera annonaria per generi di prima necessità fino a metà degli anni Cinquanta, però questo avvenne dopo la vittoria alleata non, come vorrebbe la Casa Bianca del truffatore impegnato nell’investimento in criptovalute e in saccheggio, il compenso per l’umiliazione e la resa imposta da chi era stato alleato pagatore. A parte Macron, Starmer e pochi altri già passati in rassegna, con una mancanza italiana che per ora allude sinistramente al famoso motto secondo cui noi non finiamo mai una guerra dalla parte dove l’abbiamo cominciata, in questo momento la corsa è al riallineamento con i nemici dell’occidente, passati letteralmente dall’altra parte della trincea travestiti da peacemaker. Dunque tutto in apparenza è possibile, se si guardi allo smarrimento e al tentennamento in corso. Anche una semplice spartizione. In apparenza, però. La forza del patto Ribbentrop-Molotov, che diede il via alla danza macabra, stava nella follia di Monaco, nella incomprensione dei termini effettivi del riarmo e dell’espansionismo del Terzo Reich, potenza in ogni senso allora dominante nel continente, nella lontananza dell’America fino a Pearl Harbor, nella grande alleanza dei fascismi, e poi via via nella procedura di autodissolvimento della Francia e nell’isolamento dell’Inghilterra.

Ora la Russia non è una potenza dominante, tutt’altro, è un paese revisionista e di ambizioni neoimperiali autorizzato da una masnada di filibustieri accampata a Washington a credersi erede di una grande tradizione patriottica, e titolare del diritto all’inversione totale della verità dei fatti, il carnefice che diventa vittima, ma è un paese che si muove come un colosso dai piedi di argilla, demografia economia e istituzioni parlano da sé. I filibustieri lavorano tuttavia per sé stessi, un negoziato che tagli fuori mezzo miliardo di abitanti dell’Unione europea, una parabola di mercati e politica molto più matura e essenziale di chi oggi la rappresenta, che riscriva di brutto la storia delle sue classi dirigenti nazionali, che passi come un turbine d’insolenza e umiliazione sui baltici, sulle democrazie del nord, sulla Germania ricostruita nel Dopoguerra secondo i più stretti criteri di politica realista e di stato di diritto interno e internazionale, preoccupata dei suoi stessi confini, della sua destra arrembante e neonazista, sulla Francia che ha coltivato per decenni il mitico volo a Londra e l’appello del 18 giugno del Generale de Gaulle, e su tutto il resto di un elenco che sarebbe troppo lungo, questo è già più difficile. Piegare l’Ucraina a chiacchiere non è difficile, mentre si delegittima la sua identità e resistenza, ma senza e contro Kyiv un qualsiasi accordo negoziale sancirebbe una affermazione di potere russo in Europa e nel mondo che perfino la nave ubriaca della Casa Bianca di Trump non sarebbe in grado di digerire, tra un rutto e l’altro. Alla fine saranno costretti a più miti consigli o a litigare tra di loro. Tutto questo, per lo meno, lo si può presumere, insieme all’interrogativo sul ruolo circospetto e come sempre intrinsecamente ambiguo della Cina. Su questa variante di improbabilità si può scommettere, sebbene la possibilità di una distruzione integrale della storia del secolo scorso e dei suoi esiti appaia oggi possibile. Ma un incubo è pur sempre, anche nel suo realismo, un sogno, e dai sogni ci si risveglia.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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