Con la sua silloge “Amuleti” era stato candidato al Premio Strega poesia, Era il cosiddetto “bravo ragazzo”, una tipologia di persone che sono in via di estinzione
La notizia ha sconvolto il mondo dei giovani poeti: Lorenzo Patàro è venuto a mancare alla prematura età di 27 anni. Poeta e collaboratore per questo giornale e per altre testate sul web, la sua voce e la sua presenza si erano fatte sentire in maniera molto marcata all’indomani della pubblicazione della silloge Amuleti (2023), per la quale era stato anche candidato al premio Strega poesia, senza però approdare nella cinquina finalista.
Lorenzo era un giovane poeta molto talentuoso, infatti aveva ricevuto l’attenzione di molti critici rinomati, dislocati qua e là all’interno della migliore carta stampata italiana. Cosa non da tutti, ovviamente. In lui era inoltre presente una sana dose di gentilezza, cosa, lo stesso, non scontata in questi periodi in cui è spesso il narcisismo e la spocchia a farla da padrona.
Lorenzo era il cosiddetto “bravo ragazzo”, una tipologia di persone che sono in via di estinzione, ma che il giovane calabrese incarnava sotto tutti gli aspetti: per la gentilezza, come dicevo prima, ancorché per l’umiltà con la quale si proponeva nel mondo intellettuale che ci circonda, terreno di scontro e di acredine, nella maggior parte dei casi, tra le svariate figure che lo popolano. Non solo alla propria poesia, a cui era intimamente devoto nella sua proficua attività di scrittore, ma anche verso i libri altrui Lorenzo dimostrava una grande accoglienza, un marcato slancio d’animo che è raro vedere in altri poeti della sua generazione. Quando recensiva lo faceva con un fare entusiastico; e io che mi complimentavo in privato, quasi sempre, con lui per la capacità di sintesi e di scrittura del pezzo in questione. Tuttavia, se si dice che la poesia sia prevalentemente letta solo da gli stessi poeti, e che questi ultimi non si leggano esclusivamente per fare “rete” o per spronarsi a vicenda, in lui l’orizzonte si apriva ancor più verso il romanzo, forse perché riflessivo come era, aveva bisogno di capire e di meditare, per poi lanciare il verso come sintesi di queste accurate riflessioni. Ricordo che ultimamente – forse mercoledì scorso – era uscito sulla Fogliata un altro suo bell’articolo, che lessi ma non ebbi il tempo di dirglielo.
Guardando Messenger, infatti, ho ancora un suo messaggio del luglio 2024, quando facendogli i complimenti per l’ultima cosa scritta su Mahmoud Darwish, lui mi rispose: “Grazie mille Riccardo”. Purtroppo né io, né nessun altro potrà apprezzare mai più la sua lucente gentilezza.