Poesia demenziale da Ferdinando Ingarrica a oggi

La recensione del libro a cura di Stefano Tonietto edito da Quodlibet, 320 pp., 19 euro

Dal comico al cinico, dal ridicolo al satirico: è curioso il destino toccato alla forma letteraria delle ingarricchiane. Nate nella prima metà dell’Ottocento con intenti pedagogici catastroficamente disattesi per manifesta incapacità poetica dell’autore, le strofette di quattro o otto versi sono rinate nei tempi successivi volgendo quella identica ingenua bruttezza alla polemica e alla satira.

Nel 1834, il magistrato Ferdinando Ingarrica si incarica di un nobile progetto: istruire i giovani su una quantità enciclopedica di cose, in una forma poetica vagamente ispirata a Lucrezio. Certo, l’intenzione era buona, ma l’esecuzione non altrettanto, se l’opuscolo contenente cento brevi didascalici componimenti ha attirato le risa di Napoli al punto che la famiglia, per salvare la reputazione dell’Ingarrica, si dovette impegnare nell’acquisto di più copie possibili per toglierle dal mercato. Stefano Tonietto, accettando il rischio di attirare nel proprio sonno le incursioni di una famiglia ferita nell’onore, cura ora una nuova edizione di questa raccolta di poesiole demenziali.

Il pregio di questa riedizione è quello di aver proseguito la ricerca di questa forma letteraria fino ai giorni nostri. La comicità suscitata da questi scritti era tale da generare imitatori. Lo schema era semplice: quartine aperte dal soggetto descritto, con secondo e terzo verso in rima baciata, e quarto verso tronco; lo stile prevedeva l’uso dell’apocope, la caduta della vocale finale di una parola, dando così un tocco davvero agghiacciante per la sua rara bruttezza. “Stronomia è scienza amena / che l’uom porta a misurare / stelle, sol e ’l glob’ lunare / e a veder che vi è la su”.

Primi a sdoganare dal territorio partenopeo le ingarricchiane sono stati i futuristi fiorentini della rivista Lacerba, che piegarono il ridicolo a uno scopo dissacrante nei confronti di personalità, istituzioni, costumi del primo Novecento. “Maltusiani” li chiamavano i fiorentini: il coitus interruptus, propugnato dall’economista inglese come misura di controllo delle nascite, era facilmente rinvenibile in quei versi troncati alla bell’e meglio per ricoprire di una sonorità poetica questi brani. La ricerca prosegue fino agli autori a noi contemporanei che si sono esercitati in questa forma così stridente di poesia, raccogliendo gli esilaranti risultati di personalità come Umberto Eco o Stefano Bartezzaghi.


“Ingarrica è quella cosa / che i parenti ha imbarazzato, / compran tutto lo stampato / per sopire la vergogn”.

a cura di Stefano Tonietto

Poesia demenziale da Ferdinando Ingarrica a oggi


Quodlibet, 320 pp., 19 euro

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