Grassi (Confindustria Varese): “Sui dazi non tutti i partiti si rendono conto della gravità della situazione”

Il capo degli industriali varesini e le minimizzazioni leghiste: “Non commento le singole dichiarazioni. Ma in alcuni settori la domanda interna non può compensare il calo dell’export, se non con un piano shock. La politica non sottovaluti”

“Per la nostra economia locale l’export è sempre stato un elemento che ha fatto da contrappeso all’ormai strutturale contrazione della domanda interna e non viceversa. È sempre stato il nostro fiore all’occhiello, in questi ultimi mesi un po’ in affanno e da qui le nostre non brillanti performance in termini di produzione. Non è nostro uso commentare singole dichiarazioni di singoli esponenti politici. Di certo la situazione non può essere sottovalutata, così come non è di nessuno aiuto fare dell’allarmismo”. E’ un appello che il presidente di Confidustria Varese Roberto Grassi rivolge a tutti. Ma che di certo si applica bene alle dichiarazioni del responsabile economico della Lega Alberto Bagnai, che ancora ieri ha minimizzato l’impatto dei dazi americani sull’economia italiana perché si potrebbe compensare con la domanda interna. E’ così? “Prendendo un comparto particolarmente presente sul nostro territorio, quello delle macchine utensili in cui mediamente l’export incide per l’80 per cento sul fatturato di un’azienda, il mercato interno non può fare da contrappeso, a meno di, come richiesto proprio pochi giorni fa dal presidente Orsini, rilanciare il Piano Industria 4.0 sostenendo gli investimenti delle imprese”, dice Grassi al Foglio. “Ma per questo servirebbero risorse shock. Più in generale, per un’industria come quella varesina che esporta oltre il 40 per cento del proprio valore aggiunto, le tensioni internazionali hanno sempre una certa importanza e impatto”. L’appello, quindi, è a che ci sia la massima responsabilità da parte della politica. “Lo scenario ci imporrà investimenti per migliorare la competitività dei nostri prodotti e ciò nel lungo periodo darà i suoi vantaggi. Ciò detto, non va sottovalutata la difficile situazione che sta attraversando ormai da mesi il nostro sistema manifatturiero, al di là dei dazi e dei rapporti con gli Usa. La questione industriale deve diventare la priorità per qualsiasi formazione politica. Ne va dell’interesse generale e della coesione sociale. Su questo chiediamo alla politica maggiore attenzione. Non so se tutti abbiano ben presente la gravità dell’attuale situazione”.

Secondo Grassi, l’introduzione di nuovi dazi da parte dell’Amministrazione Trump “è da affrontare con grande attenzione. Non solo perché quello statunitense rappresenta uno dei principali mercati di sbocco del Made in Italy, ma più in generale perché un aumento delle tensioni commerciali a livello globale rischia di comportare ulteriori stravolgimenti nell’organizzazione delle filiere produttive già in forte trasformazione. La geopolitica incide sempre di più sulle strategie aziendali e alle imprese servono chiavi di lettura di una realtà sempre più complessa e in evoluzione, oltre che una politica efficace che ne tuteli gli interessi, a vantaggio dell’interesse generale, e ne accompagni le trasformazioni”. Per il caso specifico della provincia di Varese, l’impatto delle nuove misure è ancora poco chiaro. “Dal nostro osservatorio diretto sulle imprese possiamo confermare che l’annuncio dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio dalla Ue sta creando qualche preoccupazione e più di un disorientamento. Molto dipenderà da come questa politica commerciale proseguirà, su quali altri prodotti o settori e quale sarà la risposta europea. Ad oggi gli Stati Uniti, rappresentano il terzo mercato di sbocco per l’industria varesina. Parliamo di un valore di 657 milioni di euro nei soli primi 9 mesi del 2024, il 7,6 per cento del nostro export totale. I settori più esposti sono quelli di macchinari e apparecchiature, dei prodotti farmaceutici e degli altri mezzi di trasporto (aerospazio soprattutto). Insomma, i contraccolpi possono essere importanti anche perché è il quadro generale a non dare troppi spazi all’ottimismo”.

Durante il primo mandato Trump gli effetti non furono disastrosi, perché “il peso del mercato Usa per il nostro export è andato aumentando nel corso degli anni, Nel 2018 gli Usa erano il nostro quinto mercato di sbocco che si ritagliava una quota del 5 per cento delle esportazioni varesine. Ora, come abbiamo visto, è al terzo posto con una quota quasi del 10 per cento. Negli ultimi anni, al netto delle difficoltà degli ultimi mesi, la nostra crescita negli States è stata sempre a doppia cifra. L’unico anno di calo è stato il 2020 con un -12,6%. Certo, i dazi di allora imposti su alluminio, acciaio, agroalimentare e aerospazio avranno inciso su cali registrati in alcuni comparti come quello dei macchinari e delle apparecchiature (-11,3 per cento in quell’anno), dei mezzi di trasporto (-15 per cento), dei prodotti in metallo (-57 per cento), della metallurgia (-11 per cento). Però dobbiamo considerare che quello era l’anno del Covid e dei lockdown, e che le perdite erano al massimo di poche decine di milioni di euro da spalmare su centinaia di imprese”, spiega Grassi. Il presidente di Confindustroa Varese però mette in guardia rispetto al cambio repentino dello scenario internazionale, che mette sempre in difficoltà l’imprese. E chiede al governo di “saper imporre al tavolo della Ue tutte quelle priorità già ben individuate da Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea. Partendo dal presupposto del suo stesso autore: serve mettere in campo risorse shock per il nostro rilancio”, dall’abbandono delle derive autolesionistiche del green deal a un piano per l’energia fino a una vera sburocratizzazione. Insomma, vade retro sovranismi trumpiani. “Non ci sono governi nazionali europei che possano incidere da soli su uno scenario globale competitivo tra grandi blocchi continentali. Ma per fortuna e per merito, dobbiamo dire che non vediamo allo stato attuale derive sovraniste”.

  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.

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