Cosa si sono detti durante il vertice in Arabia Saudita gli americani e i russi. La bozza di accordo in tre fasi, le elezioni, la “nuova cooperazione” e gli europei
La bandiera americana, la bandiera russa e al centro quella dell’Arabia Saudita, paese che ha ospitato e mediato il primo incontro tra Washington e Mosca. Poi il tavolo lungo in legno con una parte delle delegazioni. Da un lato gli Stati Uniti: il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, il segretario di stato americano, Marco Rubio, e Steve Witkoff, ufficialmente inviato speciale per il medio oriente, ma nella testa di Donald Trump negoziatore in chief di tutte le guerre. Dall’altro la Russia: il consigliere per la politica estera Yuri Ushakov e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov.
I giornalisti dell’agenzia Ria Novosti che seguono il Cremlino hanno detto di aver fatto analizzare la foto che ha preceduto l’apertura dei lavori a degli psicologi. Il responso è stato: “Lo stato d’animo di tutti è tutt’altro che rilassato, allo stesso tempo il clima al tavolo delle trattative è professionale, sobrio e diplomaticamente amichevole”. I lavori sono andati avanti per quattro ore e mezza e l’unica decisione formale che è stata presa è di “gettare le basi per una futura cooperazione”, rafforzare le relazioni tra i due paesi e porre fine alla guerra in Ucraina. I russi hanno voluto parlare subito di economia, ponendo la cancellazione delle sanzioni come primo passo verso qualsiasi tipo di accordo futuro. Il portavoce del dipartimento di stato americano, Tammy Bruce, ha parlato dell’apertura di un canale diplomatico che “porrà le basi per una cooperazione su questioni di reciproco interesse geopolitico e opportunità storiche economiche e di investimento che emergeranno da una conclusione positiva del conflitto in Ucraina”. Le parole di Bruce sono vaghe, ma lasciano trasparire l’utilizzo del metodo negoziale che Trump e soprattutto Witkoff preferiscono, approntato sugli affari, sulle transazioni.
Russia e Stati Uniti hanno deciso di nominare due delegazioni di alto livello per gestire i contatti futuri e organizzare l’incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin, “non sarà così ravvicinato”, ha detto Ushakov. Prima che i due presidenti arrivino a incontrarsi dovranno essere le delegazioni a lavorare e oggi secondo Fox News si è iniziato a discutere di una possibile cornice negoziale per far finire la guerra in Ucraina che dovrebbe prevedere tre fasi: tregua, elezioni di un nuovo presidente, negoziati per far finire il conflitto. Secondo una fonte sentita dall’emittente americana, i funzionari degli Stati Uniti sono consapevoli che Putin punta a mettere al posto del presidente Zelensky un fantoccio manovrabile.
Oggi il ministro degli Esteri Lavrov ha detto, usando un linguaggio ben poco diplomatico, che al presidente ucraino servirebbe una bacchettata sulle mani. La frase mostra che Mosca non vede Kyiv come un attore di pari grado e i russi sono riusciti a far passare il presidente ucraino come l’ostacolo alla pace, si sono fatti vedere come i primi accorsi al tavolo dei negoziati e hanno accusato Zelensky di non voler trattare. Anche parte dell’Amministrazione americana crede che il capo di stato dell’Ucraina sia incompatibile con i progetti di far finire il conflitto: lo è perché non accetterà mai concessioni alla Russia che rischiano di mettere in pericolo l’Ucraina tra qualche anno.
Oggi Zelensky era in Turchia – una tappa che fa parte del suo tour mediorientale da cui ha espunto il vertice in Arabia Saudita previsto per oggi per “evitare coincidenze” – e durante la conferenza stampa ha detto: “Se nel momento più difficile non abbiamo accettato tutti gli ultimatum di Putin, da dove viene questa idea che l’Ucraina accetterà di farlo adesso?”. Finora l’unica cosa certa a livello negoziale è che i russi rimangono fermi nella loro idea di mantenere tutti i territori occupati, di pretendere anche zone che non sono ancora riusciti a conquistare e di esigere il disarmo dell’Ucraina. Kyiv ha già chiarito che non potrà mai riavere indietro i territori con la forza, ma pensa di ricorrere alla diplomazia, il problema è che non esiste ancora un piano in grado di garantire la sicurezza dell’Ucraina nel futuro. Rubio ha fatto presente che anche gli europei dovranno sedersi al tavolo dei negoziati, Lavrov ha detto che Mosca non accetterà mai una forza europea sul territorio di Kyiv. A parte francesi e britannici, nessuno era convinto che fosse una buona idea muovere i suoi soldati. Anche i polacchi che in questi tre anni hanno sostenuto l’esercito ucraino, non vogliono spostare i propri soldati dalla Polonia: temono un attacco di Mosca, servono in casa.
La fine del conflitto che dopo la chiamata fra Trump e Putin sembrava tanto vicino, è sempre al punto di partenza.