Arbitri, torniamo nella caverna?

Il Var oggi ha reso pubblico l’errore, certificando in diretta l’inadeguatezza di certe figure in campo e davanti ai monitor. La protesta arriva soprattutto dal basso, dagli allenatori stessi, ma coinvolgerli di più significherebbe infilarci in un labirinto dove l’uscita è parecchio ingarbugliata

Parlando di arbitri, cerco, con tutte le mie forze, di contrastare una domanda: non è che bisogna tornare parecchio indietro, dentro le caverne, e guardare nel buio, per trovare, nell’oscurità, la verità? Ormai è chiaro a tutti che il sole, l’evidenza, non basta, anzi è fuorviante. ll Var ha liberato gli arbitri dalla prigionia del terreno di gioco dove guardavano le ombre e, sulla base di quelle, prendevano decisioni. Era l’epoca in cui non esisteva la moviola in campo, come la chiamava Biscardi, e tutto era oggettivo, tranne il punto di vista dell’arbitro, in quel tempo giudice supremo. L’arbitro vedeva qualcosa, assecondava pensieri non meglio identificati (sudditanza) che gli rimbalzavano nella testa e decideva. Quello che accadeva successivamente, non lo riguardava, in quanto assolutamente inutile. Polemiche, sospetti, all’arbitro fregava il giusto, forte del principio, “questo ho visto, magari non ho visto benissimo”.



I campionati si decidevano sul campo, anche se rimaneva il dubbio di una regia occulta (Calciopoli vi dice nulla?) che orientava “politicamente” le scelte arbitrali. A riascoltarle adesso, certe intercettazioni, vengono i brividi, per il rapporto da “amichetti al bar” tra dirigenti e designatori. Oggi che siamo usciti dalle caverne e guardiamo la luce, ne restiamo abbagliati, con il paradosso che i sospetti sono addirittura moltiplicati. Il Var ha reso pubblico l’errore, certificando in diretta l’assoluta inadeguatezza (per non parlare di altro) di certe figure, arbitri di campo e davanti al monitor. Come se ne esce? Dobbiamo tornare nella caverna e fidarsi delle ombre o restare fuori, nel mondo delle idee, cercandone possibilmente qualcuna intelligente? Propenderei per la seconda soluzione, ma resta un grande problema: a chi dobbiamo chiedere?



Chi fa le regole, il gruppo disarmante dell’Ifab, le sbaglia, chi arbitra, non ne azzecca una (a Empoli recentemente sono andate in onda le comiche), chi guarda le immagini non le sa interpretare, in quanto la tv media la realtà, cambiandola. Siccome la protesta arriva soprattutto dal basso, dagli allenatori stessi, comincerei a coinvolgerli più direttamente, dandogli il potere di richiamare l’arbitro durante la partita alla visione delle immagini, mettendo un ex collega in sala Var, a spiegare ai “moviolisti” soprattutto la meccanica dei movimenti di un calciatore durante il gioco. Poi servirebbe anche un supervisore tecnico, una specie di Pippo Baudo magari meno attempato, che chiarisse in maniera convincente le regole della televisione. Mi rendo conto che potremmo infilarci dentro un labirinto dove l’uscita è parecchio ingarbugliata. Quindi che facciamo, torniamo nella caverna? Sarebbe bello chiederlo al filosofo, che su quel mito ha costruito praticamente una carriera.

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