Il sindaco chiede chiarezza al Pd sul “Salva Milano” e pungola Inter e Milan sulla questione stadio
Per forza e per amore, come cantano al Palio di Siena, là dove le strade sono bianche e a lui piacerebbe tanto starsene a pedalare, invece di ingoiare amarezze e PM10 milanesi. Per forza e per amore, Beppe Sala tiene duro sulle sue partite importanti, da cui dipende non solo e non tanto la sua legacy, ma molta della futura buona salute di Milano. E in questi giorni ha lanciato una serie di ultimatum. Il primo, volutamente drammatizzato e politicamente decisivo, lo ha rivolto al Pd e riguarda la complicata vicenda delle inchieste sull’edilizia, animate dalla procura di Marcello Viola e dal suo pool. “Il Pd alla Camera ha votato compatto sul ‘Salva Milano’, al Senato stanno facendo valutazioni. Al Pd, che non è il mio partito perché non ho la tessera ma è il mio azionista di riferimento, dico siate chiari, ditemi cosa farete”, ha detto. Ribadendo quanto già espresso in commissione Ambiente al Senato: “Questo disegno di legge di cui si discute dovrebbe avere il pregio di salvaguardare le esigenze di semplificazione e di promozione degli interventi di recupero, però serve anche a stabilire dei confini precisi alla discrezionalità degli uffici tecnici e dei Consigli comunali. Non c’è nessun salvacondotto, non c’è un liberi tutti”.
Un ultimatum che si aggiunge a quello rivolto settimane fa, arrivando a minacciare le dimissioni, a Elly Schlein. La quale però sembra più interessata a dare ascolto alle stralunate esternazioni del verde Monguzzi (“il Salva Milano è un condono edilizio”). Poi, più soft ma stringente, martedì, un ultimatum a Inter e Milan e al suo Consiglio comunale, sul nuovo Meazza: “La cosa buona è che Inter e Milan sono tornate a essere insieme e non c’è altra via. Realizzare uno stadio costa più di un miliardo e se le due proprietà non lavorano assieme non si porta a casa. Dobbiamo fare la cessione di San Siro e delle aree limitrofe, speriamo entro l’estate”.
Il tempo stringe, dopo cinque anni buttati (citofonare sempre Monguzzi e amici suoi). Il danno anche economico, oltre alla mancata possibilità di rinnovare un quartiere in difficoltà, è reale se il progetto saltasse. L’ultimo ultimatum un ultimatum non è, e ci mancherebbe. Ma non è difficile che immaginare che sia un cero acceso alla Madunina. Le inchieste sull’edilizia stanno paralizzando l’amministrazione, e quella davvero poco comprensibile, o molto esagerata (nata com’è da un whistleblowing via Fatto qdi un defunto barone architetto) sulla Beic – questa sì una legacy cui Sala tiene – sono una spada di Damocle per il sistema Milano. La cosa disperante, però, è che questi ultimatum Beppe Sala è costretto a lanciarli contro quella che è (dovrebbe essere) la sua parte politica. Nel caso della procura, ovviamente, è cosa che non si può dire e men che meno pensare. Ma basta osservare chi fa il tifo, come ai tempi bui, per i pm d’inchiesta, e si capisce perché Beppe Sala preferirebbe pedalare in Toscana.