Perché un ministero della Difesa dovrebbe prepararsi al domani incontrando scrittori di sci-fi? Perché, lungi dall’essere degli indovini, costoro sanno interpretare il prisma dei possibili sviluppi e cogliere aspetti che restano impalpabili all’analisi scientifica
Per capire cosa ci aspetta, il ministero della Difesa britannico ha consultato alcuni autori di fantascienza; non nell’ambito di un evento estemporaneo, bensì entro un duraturo progetto di collaborazione fra l’Università di Coventry e il laboratorio ministeriale di scienza e tecnologia (Dstl), il cui obiettivo è dissipare, per quel che è possibile, le nebbie che avvolgono il futuro. Il curioso incontro non si limita a comprovare ciò che si sa, ossia da qualche tempo sembriamo vivere in un mondo distopico che sarebbe davvero avvincente, se solo si limitasse a essere immaginario. Dice qualcosa anche sul ruolo della letteratura nella narrazione del mondo e, più in generale, sull’evoluzione del rapporto fra intellettuali e potere.
E’ noto, infatti, che con gli autori di fantascienza – sin dall’antichissimo viaggio sulla Luna narrato da Luciano di Samosata nella Storia vera (Garzanti, 432 pp., € 12,50 euro) o dal settecentesco L’anno 2440 di Louis-Sébastien Mercier (Dedalo, 320 pp., € 24 euro) – non si accampa la pretesa che prevedano il futuro: la qualità di un romanzo fantascientifico non viene misurata computando le previsioni azzeccate. Si richiede loro una più sottile capacità di cogliere le inquietudini del presente, di cui ancora non ci siamo accorti, e modellarle in una proiezione che affonda le proprie radici nell’oggi. La fantascienza prevede il presente. Perché dunque un ministero della Difesa dovrebbe prepararsi al domani incontrando scrittori di storie fantascientifiche? Perché, lungi dall’essere degli indovini, costoro sanno interpretare il prisma dei possibili sviluppi.
Per decenni siamo vissuti nella persuasione che a indirizzare l’azione degli stati dovessero essere think tank di economisti o, come accade oggi col Big Tech, i cavalieri delle scienze dure; servono, indubbiamente, ma gli eventi di questo giovane secolo hanno già dimostrato quanto possano rivelarsi insoddisfacenti o dannosi. Convocando gli autori di fantascienza, chi governa torna a dare una chance a chi sa cogliere aspetti che restano impalpabili all’analisi scientifica (senza il fanta- davanti): gli umanisti, che magari non salveranno il mondo ma, almeno, sanno spiegare perché non si salverà.