Passa la legge. La consapevolezza dei rischi rende tutto più umano e controllato
Né Olanda né Belgio. L’Inghilterra al momento si vede come un luogo in cui ai malati terminali con meno di sei mesi di vita verrà data la possibilità di scegliere una morte assistita e senza dolore, somministrandosi da soli i farmaci, con “le clausole di salvaguardia più robuste del mondo”, ossia il parere di due medici e di un giudice dell’alta corte, per evitare gli abusi e le storture. Chi spinge qualcuno alla morte assistita rischia una condanna di 14 anni. Lo voleva il 75 per cento dei cittadini secondo quasi tutti i sondaggi e alla fine l’ha voluto anche la maggioranza dei deputati, con 330 voti a favore e 275 contrari, dopo settimane di un dibattito acceso ma intelligente, e cinque di ore di interventi a Westminster in cui storie dolorose sono state raccontate, ascoltate, analizzate con un rispetto che è andato oltre le polarizzazioni feroci di questi anni.
Il premier Keir Starmer ha lasciato libertà ai suoi, prima di ieri non si sapeva neppure cosa avrebbe votato anche se in passato si era espresso a favore di una nuova legge. Anche l’ex premier Rishi Sunak, a differenza di molti Tory e della loro leader Kemi Badenoch, ha votato per portare la proposta di legge di Kim Leadbeater, deputata semplice e sorella di Jo Cox, in seconda lettura e avviare un iter che si teme possa sottrarre energie al governo, ma che invece al momento ha premiato il suo assetto non ideologico e pragmatico. I detrattori, ma anche i sostenitori, temono che possa essere un primo varco verso una desensibilizzazione nei confronti della morte e di una diffusione del ricorso alla pratica della morte assistita, come si è verificato in Canada. Ci vorranno sei mesi, e poi altri diciotto perché i primi malati possano avere accesso alla procedura in Inghilterra e Galles: nel frattempo si continuerà a discutere per mettere a punto gli innumerevoli aspetti di una decisione che – lo riconoscono tutti – cambia il volto di una società.