Il piano Webuild per il Meazza può andare. Ma contro ci sono la politica e gli archi-esclusi

Potrebbe avere peccato di entusiasmo Beppe Sala nel salutare il progetto di riqualificazione di San Siro presentato nei giorni scorsi da Webuild. Il sentimento è comprensibile, se non altro perché dopo cinque anni si vedrebbe l’uscita dal tunnel, ma non tiene conto che la strada è ancora costellata da insidie. E le più ostiche si trovano proprio nella sua maggioranza, in particolare in quel gruppo trasversale capitanato da Monguzzi, frontman degli oppositori interni della sindacatura, che si è sempre opposto alla demolizione dello stadio e, adesso che anche il sindaco è sulla stessa linea e propone solo il restyling, è pronto a passare all’incasso: il Consiglio dovrà essere coinvolto anche in questa partita e magari dovrà dire pure l’ultima parola.

Quanto ai contenuti del piano elaborato dalla società di costruzioni c’è prudenza, si aspetta che venga illustrato in sedi istituzionali, prima si vuole vedere il cammello e poi si deciderà se acquistarlo. Spiega Alessandro Giungi (Pd), uno dei più critici sul vecchio piano di Inter e Milan: “Bisogna stabilire un iter, decidere come affidare i lavori perché non è scontato che vadano a Webuild, penso che si possa fare un bando”. Significa altri anni buttati. Ancora più categorico Enrico Fedrighini, da un anno traslocato dalla Lista Sala al gruppo misto ma sempre dentro il recinto della maggioranza: “Il Consiglio si è già pronunciato due volte su un progetto che prevedeva, in particolare, la demolizione di San Siro. Ora è cambiato tutto, siamo d’accordo sulla ristrutturazione dello stadio ma c’è il tema delle volumetrie extra-stadio con le torri di collegamento che è centrale, poi va discusso quello della proprietà: il Meazza resterà pubblico o diventerà privato? L’unica cosa fuori discussione è che si tratta di un bene importante della città che non può essere affrontato con una trattativa privata”. Il rischio che il bene” resti vuoto sul groppone del Comune, non li riguarda.

Gli altri ostacoli per Sala arrivano dall’opposizione che non fa mistero di tifare per l’opzione San Donato, giunta lunedì scorso a un’accelerazione: Attilio Fontana ha annunciato l’adesione della Regione, che si aggiunge alle Ferrovie dello stato, all’accordo di programma promosso dal comune di San Donato. Un altro passo avanti verso lo stadio del Milan anche se lo stesso governatore ha affermato di considerare aperto il discorso San Siro. Una precisazione insufficiente per modificare la linea del centrodestra a Palazzo Marino, come spiega il capogruppo della Lega Alessandro Verri: “Abbiamo già perso molto tempo dietro al Meazza e ci siamo già espressi, credo che vada valorizzato per altre funzioni”. Sin qui siamo nell’ordine delle cose, diverso è il caso di De Chirico, l’unico consigliere della minoranza sinora sempre in sintonia con Sala sullo stadio al punto da avere proposto uno studio di recupero dell’impianto, firmato dallo studio Arco Associati, fatto proprio dallo stesso sindaco. Presentato in aula lo scorso 31 gennaio in pompa magna, ha preso una strada non auspicata dall’esponente forzista che di fatto è stato scaricato da Sala che ha chiamato Webuild. C’è da dire che De Chirico, è proprio il caso di dirlo, l’ha presa con sportività: “Il sindaco ha fatto le sue scelte – afferma evitando toni polemici – a me interessano le ricadute sul quartiere: ho chiesto la convocazione di una commissione in cui dev’essere presente anche il demanio perché stiamo parlando di un bene del comune”. Meno diplomatico l’architetto Giulio Fenyves, autore del progetto illustrato in Consiglio e anche lui messo da parte: “Fa specie che Webuild abbia incaricato proprio l’architetto Massimo Roj, che aveva categoricamente negato l’ipotesi di riqualificazione dello stadio. Il suo progetto, da quello che ho potuto capire, conserva le idee fondamentali del mio: i cantieri anche durante il campionato, il lounge box al primo anello e il costo di circa 300 milioni”. Inevitabile il contenzioso: “L’operazione non è illegittima ma inopportuna – aggiunge – c’è un problema di carattere deontologico di cui sicuramente si occuperà l’Ordine degli architetti. La denuncia per plagio? Vediamo nel dettaglio il lavoro di Roj, poi farò le valutazioni con i legali”. Sempre l’Ordine è intervenuto ieri sulla vicenda chiedendo con il suo presidente Federico Aldini una procedura concorsuale e bocciando l’affidamento diretto a Webuild. Mancano solo i comitati di quartiere, questione di tempo.

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