Influencer o piazzisti? Le Academy aziendali e il lavoro al futuro

Ve lo ricordate il venditore casa per casa col tedeschissimo Folletto? O le mitiche presentatrici Avon, per non parlare poi dei venditori di enciclopedie di cui ogni famiglia del boom con figli è stata vittima? Sembrava il lavoro di un passato remoto ma il Tribunale di Roma ha confermato la tesi degli Agenti Fnaarc: piazzisti e influencer sono due figure professionali diverse, ma entrambe promuovono le vendite. Così la sentenza del Tribunale di Roma ha confermato la validità dell’accertamento ispettivo della Fondazione Enasarco, l’ente previdenziale degli agenti di commercio, stabilendo che gli influencer possono essere considerati agenti di commercio. E tutto il fascino della professione più ambita dalle giovani generazioni è volato via. Ma la ricerca e la costruzione dei nuovi lavori (con buona pace degli aspiranti Ferragnez) è materia di studio quotidiano, soprattutto per il mondo che produce.

Le imprese – in particolare quelle del milanese – vogliono assicurare ai propri collaboratori un aggiornamento continuo; trasmettere la conoscenza delle organizzazioni, governare la crescente domanda di sviluppo professionale da parte dei collaboratori. E’ attraverso questi obiettivi che Assolombarda ha presentato una approfondita ricerca dedicata alle Academy aziendali, alla luce della progressiva diffusione di queste realtà tra le aziende, anche di piccole e medie dimensioni. “In un mercato del lavoro che cambia, l’investimento sulle persone, sulle competenze e sui nuovi modelli manageriali e organizzativi è fondamentale”, dice la vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Ricerca e Capitale Umano, Monica Poggio. “Non sorprende, dunque, che le Academy aziendali si stiano diffondendo nel nostro territorio. E’ sotto gli occhi di tutti che la rapidità di cambiamento delle tecnologie e delle competenze richieda alle imprese di collaborare con il sistema educativo per costruire l’occupabilità delle nuove generazioni. Con la riforma del ‘4+2’ e la previsione di professionisti aziendali come docenti, le Academy possono così diventare un partner privilegiato delle scuole”. Molte sono le Academy che, per rispondere alle esigenze di formazione in ingresso, upskilling e di engagement dei collaboratori, sono diventate “attori a tutto campo”, dialogando con il sistema formativo. Le imprese interessate possono pertanto trovare buone pratiche a cui ispirarsi. 
Le Academy  si configurano come delle vere e proprie “lifelong” e “life-wide” school. Il tema delle Academy aziendali, racconta la ricerca, è tornato al centro dell’attenzione per una serie di ragioni: l’ulteriore salto tecnologico verso piattaforme digitali che consentono sia una gestione sempre più efficace di percorsi in formato “blended” sia esperienze formative sempre più immersive; il definitivo affermarsi del paradigma della learning organization in cui i processi di generazione, condivisione e sviluppo di conoscenze e competenze diventano valore competitivo. Nell’analisi emergono tre tratti distintivi: l’attenzione alle persone, l’espansione oltre i confini aziendali e il  ruolo nell’innovazione. La quota di laureati di cui può disporre il mercato del lavoro italiano è ancora troppo bassa rispetto al panorama europeo: l’incidenza sulla popolazione di 25-64 anni e 30-34 anni è pari al 21,6 per cento e al 29,2 per cento nel 2023.

La Lombardia presenta tassi migliori della media nazionale (rispettivamente il 23,5  e il 33,7 per cento) ma ancora troppo distanti dai benchmark oltre confine (in Catalogna l’incidenza di laureati tra i 30 e i 34 anni sfiora il 57 per cento). Attraverso l’indagine Excelsior le imprese segnalano difficoltà di reperimento di alcune figure professionali: operai specializzati (63,6 per cento), professioni tecniche (52,2), conduttori d’impianti (49,9) e professioni high skilled (46,5). Lo sviluppo formativo, comprese le Academy, dovrebbe essere uno degli elementi centrali nel far crescere una generazione consapevole e competitiva.

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