Inizia l’Europeo e (Var a parte), sono contento: per ora niente lezioni morali sui diritti. Bene

L’arbitro che spiega il Var in campo merita solo fischi molto discriminatori. Ci mancava proprio la rieducazione tecnocratica del pubblico calcistico

Comincia l’Europeo che vinceremo noi inglesi, finalmente, e spero di non dovermi pentire se alzo il boccale pieno di birra – sto facendo scorta della mia amata bionda – per brindare alla quasi totale assenza di lezioni morali sui diritti da parte di calciatori, ct e federazioni. Niente annunci sulla necessità di indossare fasce arcobaleno per combattere le discriminazioni né consigli ai tifosi di gridare piano allo stadio per non emettere troppa CO2. Mi aspetto naturalmente numeri da circo ogni volta che giocherà l’Ungheria o qualche banalità sulla Francia multietnica anti Le Pen: dopo il record di cazzate sull’Italia dell’atletica anti Vannacci è il minimo (a proposito, voi che godete per le vittorie di Roma lo sapete che noi britannici abbiamo vinto poco perché ci stiamo tenendo per le Olimpiadi a cui i vostri arriveranno spompi, vero?).

A farmi andare il brandy di traverso ci hanno pensato gli arbitri, come sempre. Dopo la pessima scelta di confermare l’utilizzo del Var in Premier League, leggo che a Euro 2024 gli arbitri spiegheranno le decisioni prese al pubblico nello stadio attraverso i maxischermi per tutto il torneo. “E’ qualcosa di nuovo e penso che sia molto, molto, molto interessante”, ha detto il gran visir degli arbitri Uefa e fan degli avverbi di quantità Roberto Rosetti. La spiegazione sarà data in diretta, ha detto Rosetti (ma sento puzza di Ceferin) facendo un esempio: se dopo una revisione sul campo l’arbitro assegna un rigore per fallo di mano, sul maxischermo potrebbe comparire una scritta tipo: “Spiegazione tecnica: il numero nove della Germania ha toccato la palla con il braccio sinistro in una posizione innaturale sopra la spalla e aumentando il volume del corpo”. Da anni si cerca di trasformare il calcio in una grande seduta psichiatrica collettiva per rendere i tifosi sempre più simili a innocui scolaretti minacciati da un brutto voto in condotta – seduti, sportivi, non offensivi, intercambiabili con delle loro brutte copie asiatiche, magari imbottiti di birra analcolica – naturale che l’evoluzione di tutto ciò sia l’arbitro che alla lavagna traduce la versione del Var. Lo scopo è la riduzione dei conflitti in uno sport che è invece sublimazione della guerra, l’idea è che il pubblico sia scemo e oltre a dovere aspettare il permesso per esultare dopo un gol – “sarà valido?” – abbia bisogno della spiegazione tecnocratica su decisioni che sono comunque sempre interpretabili. Ma poi, ve lo immaginate un direttore di gara, già incerto di suo su un episodio, spiegare a 80 mila spettatori inferociti che un tocco di mignolo rivisto da dieci angolazioni diverse è rigore? Il mio sogno è che tutto ciò venga sommerso da un mare di fischi molto discriminatori. E chissenefrega dei diritti degli arbitri.

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