Perché le Europee offrono qualche sorpresa sul voto della classe operaia

Il massimo del distacco che Fratelli d’Italia ha inflitto al Pd di Elly Schlein è in un campo che in passato avremmo considerato di trasferta. Se infatti a livello di risultato complessivo sono cinque i punti che distanziano i due poli della politica italiana tra i soli operai la differenza è enorme: 39 per cento per FdI e solo 16 per cento per il Pd. Secondo un lavoro sui cosiddetti segmenti socio-demografici dell’elettorato condotto da Swg quello tra gli operai è anche il distacco maggiore.

Non è così, ad esempio e potremmo aggiungere sorprendentemente, tra i lavoratori autonomi. Ma andiamo per gradi e cerchiamo di dare una risposta sensata a quei 23 punti che separano Meloni e Schlein tra le tute blu. Non è certo questa la prima volta che i dem hanno perso lo scettro della rappresentanza operaia, si tratta di un processo che ormai ha una sua anzianità. Stavolta però, per effetto forse dell’astensionismo e di una sorta di pigliatutto di FdI dentro il centro-destra, il Pd riprende il secondo posto sopravanzando quella Lega che le aveva inferto le umiliazioni più cocenti, scandite dalle ricerche che attestavano come gli iscritti alla Fiom in Lombardia votassero per Umberto Bossi. Quindi tutto sommato il 16 per cento di cui abbiamo parlato di per sé non stupisce, caso mai sancisce una separazione pressoché definitiva tra gli operai e il maggiore partito della tradizione gauchista. Separazione per niente attenuata dallo spostamento della segreteria Schlein verso sinistra, che quindi recupera voti nel grande mare degli elettori progressisti sensibili ai diritti civili ma non nello specifico segmento operaio. Insomma anche quando vince il nuovo Pd non indossa la tuta blu, almeno nell’immediato non si può dire che si landinizzi.

Ancor più interessante è forse ragionare sul successo di Meloni tra i dipendenti manifatturieri, con 10 punti di maggiorazione rispetto all’universo degli elettori. E’ vero che in qualche maniera l’ex Cisnal diventata Ugl ha recuperato spazio sulla scena sindacale ma non si può certo dire che abbia primeggiato nelle cronache e nelle mediazioni contrattuali. Anzi se vogliamo Giorgia Meloni non ha proposto un suo originale approccio alla materia sindacale lasciando di fatto a bagno maria le grandi confederazioni. C’è stata sì una presenza al congresso della Cgil ma successivamente non si può dire che da Palazzo Chigi sia emersa un’equazione tra operai e sindacato. Quando sono state decise operazioni favorevoli ai ceti manifatturieri – pensiamo innanzitutto al taglio del cuneo fiscale contenuto nella legge di bilancio – si è seguita una logica di disintermediazione. Di rapporto diretto con quel pezzo di opinione pubblica. Ma se è assodato che stiamo vivendo una stagione di lento declino sindacale sappiamo anche che la vivacità dell’azione di  rappresentanza emerge a pelle di leopardo: la contrattazione collettiva sia sotto forma di rinnovo dei contratti nazionali sia delle intese a livello aziendale non si è fermata, anzi. Non produce però effetti politico-identitari che portino ad accomunare la contrattazione alla tradizionale abbinata sindacato-sinistra. Non genera antropologia. Si può quindi concludere che anche i dati elettorali dello scorso week end dimostrano come l’identità di fabbrica sia definitivamente svanita e l’elettore tuta blu al momento di votare ragioni tenendo in mente dove abita, quanti figli ha, chi sono i suoi vicini, la sicurezza e non certo dove stia andando il sindacato.

 

Nel lavoro di Swg è interessante anche soffermarsi sul voto dei lavoratori autonomi che si sono recati alle urne di più rispetto alla media. E viene fuori come Fratelli d’Italia si fermi al 26 per cento (3 punti sotto la media generale) e come la Lega guadagni solo 2 punti toccando quota 11 per cento. Insomma i partiti della flat tax incassano molto meno di quanto si sarebbe potuto pensare. Invece il Pd, che in questo caso giocava in trasferta, riesce ad arrivare a un’inaspettata quota 23 per cento. Un’interpretazione – onestamente però tutta da verificare – può tirare in ballo l’eco mediatica della campagna sul salario minimo, che può avere aperto una breccia nel consenso delle fasce più disagiate del lavoro autonomo e delle false partite Iva. La competizione Meloni-Schlein si ripropone esaminando in dettaglio il voto del ceto medio e in qualche misura il risultato premia entrambe. Fratelli d’Italia arriva a quota 33 (molto meno che tra gli operai!) e il Pd a quota 26 con maggiorazioni significative rispetto alla media degli elettori. Il ceto medio tra i segmenti socio-demografici esaminati da Swg si presenta come il maggiore contributore del bipolarismo della politica italiana. Non sfonda invece Forza Italia che pure aveva guardato agli strati intermedi della società e infatti resta di un punto sotto la media complessiva.

E’ interessante anche la tabella che inquadra il voto di “chi ha difficoltà economiche”. Almeno di quelli che sono andati alle urne perché è anche il segmento che fa il record di astensioni, addirittura il 58 per cento al punto da poter pensare che i poveri disertano le cabine. I votanti di questa area comunque non sono bipolaristi: Meloni prende tra loro 5 punti in meno della media e Schlein 7 in meno. La performance relativa migliore è in questo caso appannaggio del Movimento 5 Stelle che raggiunge il 16 per cento dei consensi, 6 punti in più del misero 10 per cento di cui Giuseppe Conte si è dovuto accontentare domenica scorsa.

I risultati di Swg sono giudicati “ragionevoli e coerenti con quello che abbiamo registrato anche noi” da parte di Lorenzo Pregliasco di Youtrend. Che conferma in particolare il dato del Movimento 5 Stelle tra quelli che stima come “redditi sotto i 10 mila euro”. Il sondaggista sottolinea anche l’importanza di una classificazione trasversale ai segmenti socio-demografici ovvero i figli a carico. “Chi ne ha almeno uno vota maggiormente per i partiti del centro-destra e infatti vediamo Fratelli d’Italia al 31 per cento e la Lega all’11 per cento”. Sono significativi e sopra media anche i consensi che Meloni e Schlein hanno mietuto nella categoria dei pensionati che Pregliasco indica rispettivamente nel 32 e nel 29 per cento. Sotto media invece il movimento di Conte, la Lega e Avs (che però “esplode” tra gli studenti toccando addirittura il 23 per cento). Ultimo dettaglio segnalato da Youtrend è quello che indica un recupero di Forza Italia nelle cosiddette Ztl delle grandi città come Milano, Torino, Roma e Napoli.

Se il Pd perde almeno in parte la patente di unico rappresentante politico della Ztl – come puntigliosamente sottolineato dal sindaco di Milano Beppe Sala – il partito guidato da Antonio Tajani è cresciuto di 7-10 punti nei quartieri benestanti anche a scapito delle formazioni del Terzo Polo. E riprendendo consensi, forse, tra i professionisti di fascia alta che erano stati decisivi nelle prime affermazioni del berlusconismo politico.
 

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