Le terre rare della Norvegia

Il 2023 era iniziato con la notizia che l’Unione europea aveva una prima speranza di scampare dal ricatto di Pechino sulle terre rare, cioè un gruppo di 17 elementi sempre più fondamentali per l’economia moderna e per la transizione ecologica: sono utilizzati in una serie di dispositivi elettronici di consumo come smartphone e televisori a schermo piatto, ma sono anche fondamentali per la transizione verso l’energia verde, come componenti chiave in prodotti come i veicoli elettrici e le turbine eoliche. In realtà non sono terre ma metalli, e non sono neanche rari, ma è difficilissimo trovarne da soli in quantità significative. Stanno mescolati con altri elementi assieme ai quali sono estratti come sottoprodotti. Attorno al 2010 sulle terre rare era scattato un allarme, quando ci si era resi conto che la Cina era arrivata al 97 per cento della produzione mondiale e iniziava a farlo pesare. Da allora iniziò lo sforzo per diversificare, quel peso è stato ridotto al 60 per cento nel mondo e al 68 in Europa, e il giacimento trovato a Kiruna in Svezia, proprio il paese in cui nel XIX secolo le terre rare iniziarono a essere scoperte, prometteva di dare un nuovo apporto decisivo.
 

Non prima, però, di 10-15 anni. In Norvegia, un paese della Nato, è stato ora scoperto un  giacimento ancora più importante, in corrispondenza di un antico vulcano nel complesso di Fen. O meglio, era stato scoperto tre anni fa, ma ora si è annunciato che contiene 8,8 milioni di tonnellate di questi metalli preziosi, quattro volte la quantità di Kiruna. Inoltre, con un investimento iniziale di circa 900 milioni di dollari la compagnia mineraria Rare Earths Norway comunica che si potrà iniziare a estrarre tra soli sei anni, nel 2030. Da solo basterà a soddisfare il 10 per cento della domanda di terre rare dell’Ue. Come ha ricordato alla Cnbc il ceo di Rare Earths Norway Alf Reistad, “è importante ricordare che a oggi non c’è assolutamente alcuna estrazione di terre rare in Europa”.

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