La Cdu tedesca vince le europee e non ha dubbi: niente patti con l’AfD e Ucraina first

Berlino. Era più assertivo del solito Friedrich Merz domenica sera. Sul canale Ntv era “l’ora degli elefanti” (Elefantenrunde). Si chiama così un dibattito al quale partecipano i big dei principali partiti. Poiché c’era da commentare a caldo il risultato elettorale delle europee e poiché la Cdu aveva fatto bene, per il partito cristiano democratico era sceso in campo con il capo degli elefanti, il presidente Merz. Che senza troppi complimenti ha caricato con le zanne le due altre elefantesse venute in diretta a cantar vittoria: la copresidente del partito sovranista AfD, Alice Weidel, e la fondatrice della nuova lista social-nazionalista Bsw che prende due delle tre lettere della sigla dal suo nome (Bundis, ossia alleanza), Sahra Wageknecht. Due donne alla testa di due partiti usciti forti dal voto: il Bsw, che fino a pochi mesi fa non esisteva, ha raccolto il 6,2 per cento su scala nazionale mentre il partito di Weidel è arrivato a quota 15,9 per cento superando socialdemocratici e Verdi e diventando la seconda lista più votata di Germania.

“Mettiamo le cose in chiaro”, ha esordito l’avvocato Merz contestando le rivendicazioni delle due leader di partito. “Le elezioni le hanno vinte Cdu e (i fratelli bavaresi della) Csu con un risultato chiaro”. In effetti l’Unione Cdu/Csu si è imposta con il 30 per cento dei voti, poco di più delle europee del 2019 ma molto meglio del 24,1 per cento ricavato alle politiche di fine 2021. Una buona affermazione, sebbene molto lontana dai fasti di una dozzina di anni fa: basti ricordare che nel 2017 Angela Merkel vinse le elezioni con il 32,9 per cento dopo aver perso quasi nove punti rispetto al 2013. Ma erano altri tempi, prima del Covid e prima della guerra in Ucraina “e se non avessi già sentito queste due signore esprimersi più volte in Parlamento come le ho sentite fare questa sera”, ha incalzato Merz, “sarei sbalordito per come in questo paese si riesca a dimenticare la storia”. Per il capo della Cdu la vittoria del suo partito significa che “la maggioranza dei tedeschi, anche se devo ammettere che all’est il loro numero è inferiore, la pensa come noi”. Ossia che l’Ucraina vada aiutata e la Russia fermata.

L’esatto contrario del pensiero prevalente nel duo filorusso Weidel-Wagenknecht. Nata nella Ddr e cresciuta dentro alla Linke quando questa si chiamava ancora Pds, la signora Wagenknecht si vuole profondamente antifascista. Ma sulla guerra fra Mosca e Kyiv la vede proprio come Weidel, leader di un partito da poco espulso dal gruppo sovranista Identità e Democrazia al Parlamento europeo per eccesso di simpatie filocinesi e abuso di linguaggio del Terzo Reich. Tanto l’AfD quanto la Bsw attribuiscono la guerra all’espansionismo della Nato e chiedono al governo ucraino di cedere davanti all’avanzata russa. Un’avanzata che deve culminare con il riallaccio delle relazioni e dei gasdotti russo-tedeschi. Altro che energie rinnovabili e pompe di calore: la risposta alla crisi energetica si chiama Gazprom. Ecco perché sia i deputati ex Linke, ora Bsw, sia 73 dei 77 parlamentari di AfD hanno boicottato due giorni dopo il discorso pronunciato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky davanti al Bundestag.

“Non abbiamo bisogno di un presidente in uniforme ma di un presidente per la pace”, ha spiegato AfD. Diversa la prospettiva di Wagenknecht: “Non mi fido di Putin ma abbiamo sbagliato a isolare la Russia”. Parole che fanno salire la pressione a Merz, già consulente di Blackrock e impersonificazione del capitalismo renano: “A differenza di queste due (sic), la maggioranza dei tedeschi ha capito che stiamo difendendo l’ordine sia di questo paese sia della parte di questo continente nella quale abbiamo la fortuna di abitare”. Se le due elefantesse rimpiangono l’ancien régime di quando Putin, che parla tedesco, faceva lucidare i cristalli del Cremlino per ricevere Angela Merkel, che parla russo, Merz preferisce mettere in guardia gli elettori ricordando “i cyberattacchi russi contro i partiti politici, le aziende, le organizzazioni tedesche” e assicurando che Berlino continuerà a difendere Kyiv fintanto che Mosca continuerà ad attaccarla. E non si tratta di una contingenza ma di non rimettere in discussione, “come invece fanno la signora Wagenknecht e la signora Weidel”, 75 anni di storia della Repubblica federale tedesca, scandisce Merz ricordando in buona sostanza alla metà orientale del paese che la capitale sarà pure Berlino ma che la Cdu resta saldamente ancorata a una Germania nata e cresciuta a Bonn sotto l’ombrello atlantico. “Noi a fare da Chamberlain non ci stiamo”.

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