Una visita alla Valle dei templi di Agrigento

Parchi archeologici e chiacchierate sull’infanzia e sui tempi che furono, in compagnia di amici intimi e di tassisti politicamente pessimisti

Italia mia, vedo le mura e gli archi. Mi aggiro fra la Valle dei templi, Eraclea Minoa, Selinunte. A Marinella di Selinunte vado naturalmente da Jojò, chiacchieriamo della nostra giovinezza, poi lo interrogo sulla sua infanzia. Non che associ lui – più giovane di me, com’è giusto – alle antichità classiche, ma immagino che ancora al tempo in cui noi eravamo bambini ci fosse, fra le persone locali e i loro splendidi monumenti, una gran confidenza. Quella dei quadri di genere sette-ottocenteschi che raffiguravano umani e greggi a pascolare fra le rovine, e i viaggiatori eruditi che se ne sorprendevano o se ne scandalizzavano, e insegnavano loro su che pietre fossero seduti a zufolare e arrampicate a brucare. Jojò, che alle sue competenze leggendarie ha aggiunto per tempo la storia, l’arte e la mitologia, mi racconta che lui e gli altri bambini scorrazzavano liberamente tra le rovine di Selinunte come nell’orto di casa, raccoglievano, solo chinandosi, monete, e facevano gare di mira prendendo a sassate i vasi antichi e mettendo in palio le monete.

La mattina, il tassista agrigentino che mi portava, il signor Giovanni, 67 anni, politicamente e civilmente più pessimista di me, che non è facile, mi enumerava i disastri cittadini e regionali, finché, per cambiare discorso, mentre passavamo di nuovo sotto la Valle dei Templi, gli ho chiesto: “Giovanni, quando è stata l’ultima volta che hai visitato il parco archeologico?” “Saranno almeno vent’anni!”, ha detto. Speriamo che ti venga a trovare qualche parente dalla Germania, gli ho detto, così ci torni. Non ha esitato: “Se arriva qualche parente tedesco, lo accompagno all’entrata, e poi lo vado a riprendere all’uscita”.

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