La prima spinta dell’offensiva russa si è arenata. A Kharkiv i soldati indietreggiano

Gli ucraini sono riusciti a contenere i danni della prima avanzata di questa nuova offensiva russa e, nella regione di Kharkiv, hanno respinto l’esercito di Vladimir Putin nel nord della cittadina di Vovchansk, vicino al confine, dove a metà maggio gli abitanti erano stati costretti a scappare mentre i russi si insinuavano nelle vie dando inizio ai combattimenti strada per strada.

Ora un pezzo della città è stato liberato, anche se non è  abbastanza sicuro da permettere ai civili di tornare a vivere nelle file di palazzoni del centro. L’incursione nella regione di Kharkiv doveva servire per distrarre l’esercito ucraino e conquistare un altro pezzo del Donetsk, ma per il momento Mosca non è riuscita a capitalizzare la spinta da nord per ottenere un vantaggio  in Donbas, lungo la direttrice che le interessa (e su cui insiste) di più, quella che porta a Chasiv Yar, strategica per provare a dilagare nell’est perché sta sopra un’altura. E nel frattempo la spinta da nord si è esaurita. Dal punto di vista del Cremlino è un’occasione andata sprecata che non sarà facile  replicare: l’incursione nel nord cominciata il 10 maggio era stata possibile perché, un mese fa, Kyiv non era ancora autorizzata a usare le armi occidentali per difendersi  colpendo in Russia. 

Il sud della regione russa di Belgorod, che confina con il nord dell’oblast ucraina di Kharkiv, era un luogo protetto dove le truppe che si preparavano all’invasione si erano potute ammassare in tranquillità portandosi dietro le loro armi. Preparare un’altra incursione simile adesso significherebbe rischiare di vedere esplodere le colonne di mezzi militari prima ancora che varchino la frontiera – quindi tutta l’operazione è diventata meno conveniente. 

Guardando le immagini satellitari, se si percorre il confine ucraino nel nord partendo da Kharkiv e andando verso ovest, costeggiando i bordi della regione di Sumy e poi di quella di Chernihiv, si vede che il numero delle unità russe schierate alle porte del paese aggredito nelle ultime due settimane è rimasto piccolo – al contrario di quello che gli ucraini si aspettavano e temevano. Il flusso di uomini e mezzi che prima Kyiv osservava impotente si è fermato probabilmente perché, dopo il via libera di Joe Biden alla fine del mese scorso, ora quelle unità russe sono tutte bersagli legittimi delle armi americane che gli ucraini hanno in dotazione.

Attorno a Vovchansk i russi lanciano ancora una media di  venti bombe plananti al giorno ma, secondo i blogger militari vicini al Cremlino che pubblicano su Telegram, l’utilità di quegli ordigni sovietici con attaccate al dorso un paio di ali di plastica e guidati da un sistema Gps sta diminuendo “perché gli ucraini hanno imparato a interferire” con gli strumenti della guerra elettronica e “così la bomba (russa) non riesce più a trovare il suo bersaglio”.

Ieri Ihor Terekhov, il sindaco di Kharkiv, la seconda città più popolosa dell’Ucraina, ha detto alla Reuters che nella zona sta tornando una “relativa calma” perché “l’esercito ha colpito le postazioni di lancio dei missili e delle bombe in Russia” con le armi occidentali. Alla fine di maggio Biden ha autorizzato gli ucraini a difendersi sparando oltre il confine e, secondo i calcoli del sindaco, le bombe cadute sulla sua città nelle ultime due settimane sono state relativamente poche rispetto alla media durante tutto lo scorso mese, fino al “sì” del presidente americano.
 

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