Il cinema e quella moltitudine di spettatori perduti

Nel 2024 non si ci sono altri “Barbenheimer” all’orizzonte. E sono guai per il cinema. Per i film più spettacolari, poi, grande schermo e qualità della proiezione rimangono requisiti indispensabili

Inciampo o caduta libera? I numeri del Memorial Day 2024 – primo giorno dell’estate cinematografica americana, che a differenza della nostra è stata sempre ricca di titoli e incassi – erano molto al di sotto delle previsioni. Certo, esistono gli “sleeper”: film che partono in sordina e poi ricuperano, fino a diventare titoli di culto assoluto – non è il caso dei blockbuster estivi. Potrebbe voler dire che le previsioni erano ottimiste e speranzose, dopo l’estate del 2023 – con due titoli eccezionali come “Oppenheimer” di Christopher Nolan e “Barbie” di Greta Gerwig, che hanno riportato nelle sale anche chi aveva perso l’abitudine dopo la pandemia. Oppure è crisi, da non sottovalutare.

Sulla carta, l’offerta di inizio estate pareva all’altezza. “Furiosa” di George Miller: tra i venerati maestri invitati a Cannes, il meno venerato (dai critici pigri che non danno mai una scrollata alla classifica, per fare posto a chi, nel 1979, debuttò con il primo “Mad Max”) e il più contemporaneo, nonché presente a se stesso. E c’era il gatto “Garfield”, caro ai piccini che non hanno scoperto le gioie dello streaming. Finora, sono circa 75 milioni – parliamo di incassi in patria – per il gatto divora-lasagne, 58 milioni circa per la guerriera.


“Stiamo annegando in un mare di cifre rosse”, sostiene Bruce Nash, titolare della banca dati Numbers. Intervistato dall’Atlantic, aggiunge: “Le persone al cinema non vanno più”. L’illusione di andare verso un altro anno “Barbenheimer”, dai titoli combinati dei campioni d’incasso nell’estate 2024, sembra già svanita.


Non per tutti: Paul Dergarabedian di Comscore accusa i colleghi di “memoria corta”. Ricorda che abbiamo avuto lo sciopero degli sceneggiatori e quello degli attori, che negli ultimi mesi del 2023 non sono usciti film importanti. La gente è andata meno al cinema, ha visto meno trailer, e non ha in mente titoli che la stuzzicano. Una catena di sciagure, con una nota di ottimismo: devono ancora uscire “Inside Out 2” e “Deadpool & Wolverine”. “La stagione non sarà eccezionale – sostiene Thaddeus Bouchard, presidente di Screendollars (azzeccata ragione sociale) – ma comunque andrà bene”.

“Un raffreddore, non una malattia terminale”, è la sintesi di Shirley Li che firma l’articolo sulla “strana estate”. Ma la fuga, o il disinteresse, del pubblico è un dato accertato. Nel 2019, lo spettatore comprava in media 4,6 biglietti, e chi andava al cinema – c’è anche gente che preferisce il ricamo a punto croce o la pesca sportiva – lo faceva quasi una volta al mese. Poi è arrivato lo streaming, l’abitudine è andata persa. Chi ha affollato le sale per vedere “Barbie” o “Oppenheimer”, non è tornato la settimana dopo. E neppure il mese dopo.

L’industria sta facendo di tutto per ritrovare gli spettatori perduti. Tutto tranne abbassare il prezzo del biglietto: in caso contrario, le sale rischierebbero la chiusura. Per i film più spettacolari, grande schermo e qualità della proiezione sono indispensabili. Se Tom Cruise rischia la vita per farci divertire, vederlo sul cellulare pare un videogioco e addio applauso a scena aperta. Il “Signore degli Anelli” e “Harry Potter” hanno esaurito il loro ciclo, assai redditizio. “Game of Thrones” e tra poco “House of Dragons” sono andati in streaming direttamente nelle case degli spettatori. Bisognerà rivedere le cifre del “successo estivo”, e adeguare i budget.

Soprattutto, non andrebbe sottovalutata la voglia di novità: si parla di “franchise fatigue”, per certe saghe – ormai quasi tutte – troppo sfruttate e ripetitive. Ma né le emozioni di “Inside Out 2” né i male accoppiati supereroi “Deadpool & Wolverine” hanno l’originalità di “Barbie”.

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