“Cari Renzi e Calenda. Se volete un terzo polo, mettetevi da parte”

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Cari Matteo e Carlo. La questione è molto semplice: avete fallito. Il risultato elettorale è stato impietoso e voi ve ne dovete assumere la responsabilità fino in fondo. Conosciamo bene ambedue e crediamo di essere vostri amici. Per questo vogliamo parlarvi con franchezza. Abbiamo sostenuto sia l’uno che l’altro in diverse campagne elettorali e con proposte nelle materie che conosciamo. Sappiamo che siete persone capaci, appassionate e generose. Ma ci avete messo, noi elettori che crediamo nella possibilità di uno spazio laico e liberale, pragmatico e non ideologico, in una situazione insostenibile. Nella stessa famiglia, fra gli amici più cari con cui condividiamo questa visione c’era chi votava per l’uno e chi per l’altro. Non abbiamo fatto nulla per convincere l’uno o l’altro a cambiare posizione. Abbiamo fatto molto invece per convincere qualche indeciso a darvi il voto. Ma sapevamo fin da prima che vi eravate, ci avevate, messi in una situazione insostenibile e con un obiettivo difficilissimo. Ciononostante vi abbiamo dato fiducia. Ma avete fallito. Ora alcune cose sono chiare. La prima è che esiste un’area elettorale di una certa importanza che non riesce ad essere rappresentate e a pesare. La seconda che nessuna ulteriore campagna elettorale potrà essere affrontata in queste condizioni. La terza è che le vostre persone rappresentano un ostacolo al raggiungimento dell’obbiettivo di una ricomposizione. Lo diciamo con dispiacere perché non abbiamo assolutamente nulla di personale contro di voi e non vorremmo perdere la vostra amicizia. Nè ci interessa analizzare chi porti le responsabilità maggiori. Abbiamo le nostre idee in proposito ma non sono decisive. Sappiamo anche che siete risorse di idee e di proposte. Ma la cosa che ci è chiara è che questo fallimento è il risultato di uno scontro di personalità, le vostre, che ha reso impossibile ogni accordo. E ancora a risultato negativo acquisito alcuni dei vostri più stretti sostenitori si scambiano accuse infantili, continuando a fare danni. Quindi bisogna girare pagina completamente. E questo implica un passo indietro da parte vostra, senza tatticismi o sotterfugi. Dovete lasciare il campo a persone meno esposte che raccolgano la fiducia non dei pochi amici del vostro “inner circle” ma dei futuri potenziali elettori. Nessuna ricomposizione è possibile, ve lo assicuro, se deve avvenire sotto la leadership di uno di voi. Di questo dovete convincervi. Solo un clima completamente nuovo e con persone non coinvolte in questo scontro che ci ha visto allibiti e attoniti. Sappiamo che è difficile quanto stiamo chiedendo. Avete investito molto in questa impresa e non siete certo persone prive dei qualità. E ci sarà il modo per utilizzare le vostre indubbie capacità. Ma oggi c’è una cosa semplice da fare per voi. Dimettervi in modo irrevocabile.


Con amicizia


Chicco Testa e Claudio Velardi




Perdere non è una tragedia. Essere trombati neanche. Ma perdere senza imparare dai propri errori sarebbe grave. Una proposta ulteriore: mettere insieme tutto quello che c’è e scegliere un leader che oggi non c’è attraverso le primarie. Pensarci.





Al direttore – Nelle ultime settimane si sono organizzate, anche in Italia, proteste e occupazioni da parte di studenti che chiedono la sospensione degli accordi tra i nostri atenei e altre istituzioni dello stato d’Israele. Come peraltro quegli israeliani che da mesi scendono in piazza contro il governo Netanyahu, gli studenti invocano il cessate il fuoco e la fine delle ostilità a Gaza, iniziate a seguito degli attacchi terroristici e delle violenze di Hamas il 7 ottobre 2023 e che avevano portato alla morte di più di 1200 persone e al rapimento di 250. Israele ha reagito in modo duro e portando avanti una guerra che sinora ha causato circa 35 mila vittime a Gaza, tra cui donne e bambini. Se Gaza è distrutta, missili dal Libano, dall’Iran e dalla stessa Gaza minacciano lo stato ebraico e più di cento ostaggi – dimenticati dalle proteste studentesche – ancora non sono tornati a casa. Si invoca la liberazione della Palestina “dal fiume al mare” e la fine di un “colonialismo sionista” che durerebbe da settantasei anni, cioè dal 1948. In risposta, si paragonano gli abitanti di Gaza ai nazisti o si taccia come antisemita qualsivoglia critica a Israele. La storia della Palestina e di Israele è una storia che appassiona e che si intreccia a quella dell’Europa contemporanea: la Shoah, la decolonizzazione, l’eterno ritorno dell’antisemitismo, il rapporto con l’islam. Per questo, varrebbe la pena discuterne senza posizioni aprioristiche e riconoscendo le ragioni, i torti, le paure e le speranze dell’altro. La Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) ha recentemente sottolineato che “interrompere gli accordi con le università significa […] rigettare l’importanza di luoghi di riflessione, pensiero critico e confronto costruttivo”. Pur mantenendo uno sguardo attento e critico, anziché invocare boicottaggi, tutti – docenti e studenti – dovremmo dunque promuovere il dialogo con le università israeliane e palestinesi e con il mondo della cultura. Qual è il senso di riprodurre metaforicamente, in Italia, quelle barriere reali che separano Israele e Palestina? Viene da pensare che più si agitano bandiere, meno si vuole comprendere quel che accade laggiù.



Dario Miccoli, professore associato di Lingua e letteratura ebraica moderna, Università Ca’ Foscari Venezia

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