Dentro alla guerra per l’attenzione, Russia e Cina ricorrono sempre di più alle tattiche ibride

Con il ciclo accelerato delle notizie, e gli stimoli dei social, oggi si combatte per ottenere l’attenzione di un pubblico relativamente ampio. Le armi utilizzate? Manipolazione emotiva, psicologica e algoritmica per minare gli elementi fondanti della vita democratica occidentale

L’appuntamento elettorale delle Europee si avvicina e i dati ci dicono che la disinformazione aumenta non solo in Italia, ma in tutta Europa, in a particolare a seguito degli sforzi crescenti di attori come Russia e Cina. Questi mirano a sfruttare le finestre di opportunità offerte dal dibattito pubblico su temi divisivi, come quello del sostegno all’Ucraina, per alimentare polarizzazione e confusione e generare sfiducia nei confronti dei processi democratici. L’obiettivo, bisogna averlo ben chiaro, è quello di minare gli elementi fondanti della nostra vita democratica, indebolire la coesione delle nostre società, logorare le nostre istituzioni sia sul piano interno sia nello scenario globale.

La disinformazione non è una minaccia nuova, ma negli anni le tattiche messe in atto da attori come Russia e Cina si sono affinate ed evolute. Questi attori oggi orchestrano operazioni informative di influenza occulte il cui livello di sofisticazione è andato aumentando in maniera vertiginosa, rispettivamente, dall’inizio della guerra di invasione dell’Ucraina e dalla pandemia. Mosca e Pechino mirano a sviare l’attenzione e creare confusione, amplificando divisioni già presenti nella nostra società, partendo dalla consapevolezza che la nostra abilità di essere cittadini responsabili e pronti a fare il nostro dovere democratico si basa sulla nostra capacità di informarci e che questa nostra capacità sia caratterizzata da un fattore limitante: l’attenzione.

La nostra, ancor più di altre, è un epoca dell’economia dell’attenzione. Il ciclo accelerato delle notizie, gli stimoli constanti dei social network, l’accelerazione tecnologica e un mondo che diviene più instabile mentre passa da un ordine globale in dissoluzione a uno ancora indefinito, rendono sempre di più la nostra capacità di prestare attenzione una risorsa finita.

Su questa economia dell’attenzione si è generata un guerra per l’attenzione. Si combatte per ottenere l’attenzione di un pubblico più o meno ampio a colpi di manipolazione emotiva, psicologica e algoritmica e attraverso eventi virali in constante competizione fra di loro. Media, pubblicitari, attivisti, politici e persino ex compagni di classe che non vediamo da secoli, ma che abbiamo ancora sui social, competono per lo stesso pool di attenzione. Lo stesso fanno agenzie di intelligence e apparati militari di attori come Russia e Cina, ma con strumenti e tattiche coordinate strategicamente. E sono proprio queste ultime a essere rilevanti, perché la disinformazione non si definisce in base ai contenuti ma in base alle tecniche che nel loro insieme delineano dei comportamenti che minacciano o hanno il potenziale di avere un impatto negativo su valori, procedure e processi politici.


Nel mondo multipolare e a geometrie variabili nel quale viviamo, e nel contesto di questa guerra per l’attenzione, Russia e Cina ricorrono in maniera sempre più evidente al dispiegamento di tattiche ibride come la disinformazione per raggiungere i lori scopi strategici. Mosca e Pechino investono creando strutture e unità nei loro comparti militari e dei servizi di intelligence con l’apposito scopo di lanciare e gestire operazioni informative e non esitano a investire su attori privati “for-hire” che li aiutano a mantenere un vantaggio competitivo basato sulla strumentalizzazione delle più recenti tecnologie.


E’ la sfida delle minacce ibride. Minacce coordinate e sincronizzate che mirano deliberatamente alle vulnerabilità sistemiche degli stati e delle istituzioni democratiche, agiscono nella zona d’ombra creata dall’offuscarsi della distinzione tra situazioni di guerra e situazioni di pace e si svolgono al di sotto delle soglie di rilevamento e di attribuzione. Proprio per questo sono difficili da combattere, proprio per questo possono essere terribilmente efficaci nell’influenzare i processi decisionali e gli eventi elettorali.

Il primo passo per contrastarle è proprio esserne consapevoli e avere contezza che questa guerra per l’attenzione – che come tutte le guerre, è anche una guerra di logoramento – viene combattuta ogni giorno. E’ una guerra in cui tastiere e schermi sono potenti quanto missili e carri armati e in cui l’attenzione può plasmare dinamiche locali, equilibri geopolitici e anche le elezioni europee. Andare a votare informandosi democraticamente significa, oggi più che mai, resistere alle distrazioni e ai tentativi di manipolazione di attori ostili e contribuire a rafforzare lo strumento più efficace di cui disponiamo per la lotta alla disinformazione: la resilienza civica.

Mattia Caniglia, Associate director Digital Forensic Lab, Atlantic Council

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