Nordio il vino buono lo conosce, e allora perché ordinare uno spritz?

La battuta fatta dal titolare del ministero di Via Arenula alla giornalista di Piazzapulita più che spiritosa, è sembrata sgradevole. Anche per la dozzinalità dell’ordinazione. Signor ministro, cosa c’entra col beverone arancione lei che indossa eleganti gessati?

Era meglio quando si chiamava “di Grazia e Giustizia”, il ministero di Via Arenula ora capeggiato da Carlo Nordio. Perché la Giustizia non so, non me ne intendo, ma da quelle parti la Grazia è evidentemente scomparsa non soltanto dalla denominazione ufficiale. Nessuna Grazia ha avuto Augusta Montaruli, la piccola patriota piemontese che a Nordio ha negato l’accesso al palco meloniano di piazza del Popolo siccome riservato a “invitati selezionati e staff”. Guardando le malinconiche immagini del Guardasigilli vittima dei sigilli di partito ho avuto la conferma che Fratelli d’Italia non è il movimento conservatore che millanta di essere. Se a custodirne l’ingresso è siffatta cerbera (chi di Giustizia se ne intende la definirebbe diversamente: condannata in via definitiva per peculato) ho ragione a ritenerlo un partito femminista, giovanilista e tracotante. Noi conservatori veri onoriamo l’età e fuggiamo la hybris. Mai una giovane conservatrice si sarebbe sognata di trattare in tal modo un signore al contempo ministro e settantasettenne.

Poca Grazia, nel seguito della vicenda, ha mostrato Nordio chiedendo uno spritz alla giornalista di “Piazzapulita” che cercava di intervistarlo. Era certamente una battuta, occasionata dal sole cocente, e una battuta di veneto (il ministro è di Treviso). Purtroppo, più che spiritosa, è sembrata sgradevole. Avrei qualcosa da obiettare anch’io. Non tanto sulla richiesta in sé, siccome non considero il mestiere di cameriere meno dignitoso del mestiere di giornalista (ne parlo con cognizione di causa: li ho fatti entrambi). Mi ha infastidito la dozzinalità dell’ordinazione. Uno spritz? Signor ministro, non mi diventi così plebeo! Cosa c’entra col beverone arancione lei che fu iscritto all’elitario Partito liberale e che sempre indossa eleganti gessati? Quando in piazza del Popolo si faceva letteratura e non politica, da Canova lo scrittore Gian Carlo Fusco beveva Pernod (lo racconta Cordelli), da Rosati i collaboratori del Mondo bevevano whisky (lo racconta Arbasino). La storia non si ripete e stavolta va bene così, i superalcolici fanno male alla salute e il tempo non è trascorso invano visto che in sessant’anni il vino è migliorato moltissimo e non è più necessario sciropparlo di Aperol o Select per coprirne le magagne.

Che poi Nordio il vino buono lo conosce eccome. Ho le prove. Ho anche una foto la cui didascalia mi ricorda l’anno dell’incontro: 2017. Cenammo insieme alla Tenuta Col Sandago, appunto nella Marca Trevigiana, ospiti di Martino e Susanna Zanetti. Venne servito un rosso perfetto, il Wildbacher, dall’omonimo vitigno che a dispetto del nome austriacante è peculiarità della tenuta. Anni prima Veronelli, che se ne intendeva, lo aveva definito “mostruosa eccellenza”. Sotto il sole di un giugno romano avrei tuttavia preferito, perché suscettibili di adeguata refrigerazione, un Verdiso o una Boschera di Gregoletto, entrambi sui lieviti, una Bianchetta Ancestrale della Tenuta Amadio, una Marzemina Bianca di Casa Roma, un Raboso frizzante di Casa Belfi, o anche un Prosecco col fondo, e sono stato attento a elencare solo bottiglie della Marca, e solo vini contraddistinti da leggerezza, piacevolezza, finezza, insomma Grazia. Qualcosa che a Roma manca troppo spesso.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l’ultimo è “La ragazza immortale” (La nave di Teseo).

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