Le leggi antifumo che dopo un secolo danno ragione a Benito Mussolini

“Per uno Stato bene ordinato, la cura della salute fisica del popolo deve essere al primo posto”, disse il Duce. Nemmeno lui stesso avrebbe immaginato che mezzo modo gli avrebbe dato ragione: da Torino al Messico, si sta immaginando un mondo senza fumo

È un vero e proprio movimento globale per progredire verso il migliore dei mondi possibili. A Londra si dibatte la legge che impedirà di fumare ai nati dopo il primo gennaio 2009. In Nuova Zelanda ci avevano già provato. A Milano, dall’anno venturo, dicono sarà proibito fumare in tutte le aree pubbliche. A Torino non ho capito bene, pare ci sia da fare complicati calcoli sulle distanze interpersonali, sufficienti a far passare ogni voglia di porre mano all’accendino. In Bhutan, apprendo da un’appassionata ricognizione sulla Gazzetta dello Sport, comprare o vendere sigarette è vietato del tutto. In California non si può fumare in spiaggia. A New York non si può fumare a meno di trenta metri dagli ingressi degli edifici. E poi in Irlanda, in Svizzera, in Messico, in Brasile, alle Mauritius, a Bibione, a San Lazzaro di Savena… “Qualcuno, in altri tempi, ha affermato che lo Stato non doveva preoccuparsi della salute fisica del popolo. Anche qui doveva valere il ‘lasciar fare, lasciar correre’. Questa è una teoria suicida. È evidente che, in uno Stato bene ordinato, la cura della salute fisica del popolo deve essere al primo posto“: secondo me, nel 1927, nemmeno Mussolini si aspettava che un secolo dopo gli avrebbe dato ragione mezzo mondo.

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