Il Regno Unito pensa davvero ai minori e mette al bando i puberty blocker

Il ban assoluto della cosiddetta “terapia affermativa” in Gran Bretagna segna una svolta storica. E ora sulla disforia di genere sono attesi cambiamenti anche in Italia

La spallata finale è arrivata dall’orripilante chat di Wpath, associazione mondiale per la salute transgender, resa pubblica pochi giorni fa da un whistleblower: bambini schizofrenici operati per “cambio di sesso”, bambine con il cancro a causa degli ormoni, chirurgia di nullificazione genitale, l’impossibilità per i minori di esprimere un reale consenso, sperimentazione in vivo sui giovanissimi con disforia di genere. Una bomba.


Il servizio sanitario nazionale britannico (Nhs) si è affrettato a prendere le distanze: “Da cinque anni non abbiamo più niente a che vedere con Wpath” e con le sue linee-guida, standard of care che informano le politiche sulla salute trans in tutto il mondo, Italia compresa. Nhs aveva già passato i suoi guai con la denuncia di Keira Bell, la più nota delle detransitioner, rovinata per sempre da farmaci e chirurgia: anche in seguito alla sua denuncia è stato chiuso il servizio per minori gender non conforming alla Tavistock Clinic di Londra. Ora la svolta netta e definitiva: per “il migliore interesse dei minori” stop del tutto ai puberty blocker. Bambine e bambini con disforia verranno gestiti con il supporto di esperti in neurodiversità, pediatria e salute mentale, “un approccio olistico alla cura”. Ai primi di aprile si apriranno due nuovi servizi – al Great Ormond Street Hospital di Londra e all’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool – per arrivare a sette-otto centri regionali in tutto, ma in nessuno di questi centri si prescriverà triptorelina. I bloccanti saranno utilizzabili solo in ambito di ricerca.


Il Regno Unito è la prima nazione a proclamare il ban assoluto della cosiddetta “terapia affermativa” anche se molti altri paesi pionieri – Svezia, Norvegia, Finlandia, alcuni stati Usa, regioni dell’Australia e della Nuova Zelanda – da tempo frenano sui farmaci privilegiando l’approccio psicoterapeutico. Perfino in Olanda, dove la “terapia” è stata inventata. “Non ci sono prove sufficienti” afferma Nhs “a sostegno della sicurezza o dell’efficacia clinica degli ormoni che sopprimono la pubertà per rendere il trattamento disponibile di routine”. La decisione arriva dopo l’inchiesta indipendente commissionata dal governo inglese alla decana dei pediatri Hillary Cass, inchiesta seguita da una consultazione pubblica e da una revisione delle prove da parte del National Institute for Health and Care Excellence. Il governo inglese parla di svolta “storica”: “La fine della prescrizione di routine dei bloccanti aiuterà a garantire una cura basata sull’evidenza, sull’opinione clinica di esperti e nel migliore interesse del bambino” ha dichiarato la ministra della Sanità Maria Caulfield. Mermaids (Sirene), principale associazione trans britannica, parla invece di “duro colpo” e di “profonda delusione”. Anche Stonewall non molla: “Tutti i giovani trans meritano di accedere a un’assistenza sanitaria tempestiva e di alta qualità”. La detrans Keira Bell commenta amaramente sul Times: “Sono felice del fatto che Nhs sia tornato sui suoi passi, anche se ormai il danno è stato fatto. La pubertà non è qualcosa che tu puoi accendere e spegnere, on-off… Si tratta di una castrazione chimica”. Ora la preoccupazione, dice, è che ragazze-i con disforia si rivolgano al mercato privato: “Importante vigilare, i bambini corrono gravi rischi”. In settimana il Parlamento inglese esaminerà un disegno di legge che prevede il divieto di prescrivere ormoni ai bambini anche nella sanità privata.



J. K. Rowling onora chi in tutti questi anni non si è lasciato intimidire retwittando Carl Heneghan, direttore del Centre of Evidence-Based Medicine a Oxford, che già nel 2019 affermava: “Data la scarsità di prove l’uso off label di farmaci per trattare la disforia di genere rappresenta un esperimento in vivo e senza regole sui bambini”. Ed elogia David Bell, psichiatra della Tavistock che aveva dato l’allarme sugli abusi e per questo era stato messo sotto inchiesta dalla dirigenza della clinica: “Da anni”, scrive Rowling, “la situazione era chiara per tutti quelli che volevano vedere”. Qualcuno pagherà per questi abusi?

La svolta britannica cambierà le cose in tutto il mondo. Anche da noi: mentre al Careggi è in corso l’indagine avviata dalla procura di Firenze, al Gemelli di Roma nasce un ambulatorio psychologically oriented per minori con disforia; le società scientifiche e l’Istituto superiore di sanità non potranno più fare disinvoltamente riferimento alle linee-guida Wpath; i “resistenti” pro triptorelina del Comitato nazionale di bioetica dovranno accettare di ridiscutere la questione come nelle intenzioni del presidente Angelo Vescovi; i media mainstream non potranno più oscurare le notizie o fare propaganda ai blocker: la sospensione” indotta dai farmaci “è temporanea e reversibile” e “permette di dare tempo al tempo”, scriveva solo un anno fa su Repubblica Michela Marzano. Tanto per dirne una. Speriamo non serva troppo tempo: ogni giorno guadagnato è un bambino salvato.

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