Il tycoon mette in discussione il “deal” stretto con von der Leyen minacciando restrizioni ai paesi che regolamentano servizi e mercati digitali o impongono tasse specifiche al settore. L’Unione europea non è menzionata, ma è nel mirino
Bruxelles. L’accordo sui dazi tra Ursula von der Leyen e Donald Trump è stato concluso appena un mese fa, è stato scritto nero su bianco solo una settimana fa, ma è già messo in discussione, dopo che il presidente americano ha minacciato di imporre dazi e restrizioni alle esportazioni ai paesi che regolamentano i servizi e i mercati digitali o impongono tasse specifiche al settore. “Le tasse digitali, la legislazione sui servizi digitali e le normative sui mercati digitali sono tutte progettate per danneggiare o discriminare la tecnologia americana (…). Questo deve finire, e finire ORA!”, ha scritto Trump sul suo social Truth: “Avverto tutti i paesi con tasse, leggi, norme o regolamenti digitali che, a meno che queste azioni discriminatorie non vengano rimosse, imporrò dazi aggiuntivi sostanziali sulle esportazioni di quel paese verso gli Stati Uniti e istituirò restrizioni all’esportazione sulla nostra tecnologia e sui nostri chip”.
L’Unione europea non è menzionata, ma è nel mirino. I colossi americani si sono lamentati direttamente con Trump per la legislazione introdotta dall’Ue negli ultimi anni, in particolare il Digital markets act (Dma) e il Digital services act (Dsa). Reuters ha rivelato che l’Amministrazione Trump sta discutendo anche della possibilità di sanzionare funzionari europei responsabili per l’attuazione del Dsa, accusato dal movimento Maga di essere uno strumento di censura. L’imposizione da parte di Trump di dazi oltre il 15 per cento sarebbe una violazione dell’accordo concluso con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il 27 agosto in Scozia. “Trump pone fine all’accordo commerciale dell’Ue e minaccia la sovranità europea”, ha denunciato l’europarlamentare verde tedesca, Alexandra Geese. La Commissione nega che il “deal” sia compromesso. Ma “la prevedibilità e la stabilità” vantate da von der Leyen come principale ragione per accettare un accordo sfavorevole per l’Ue sono evaporate. “In Scozia non è stato raggiunto alcun accordo, solo una tregua. E quella tregua è già rotta”, spiega l’europarlamentare Sandro Gozi.
La minaccia di Trump ha colto di sorpresa la Commissione. Ieri Ursula von der Leyen ha deciso di fare come se nulla fosse. “Non facciamo congetture”, ha reagito la sua portavoce. “E’ il diritto sovrano dell’Ue e dei suoi stati membri di regolamentare le nostre attività economiche sul nostro territorio”, ha aggiunto. Un altro portavoce ha ricordato che la regolamentazione digitale dell’Ue “non guarda al colore di un’impresa, alla giurisdizione di una società o al proprietario di un’impresa. Il Dsa e il Dma si applicano a tutte le piattaforme e imprese che operano nell’Ue a prescindere dalla loro sede”. La Commissione ha aperto indagini e sanzionato colossi americani come Apple e Meta, ma anche colossi cinesi come Temu e AliExpress. Nonostante il diktat digitale che minaccia la sovranità dell’Ue, la Commissione vuole gettare acqua sul fuoco. Nessuna ipotesi di usare lo strumento anti coercizione (il bazooka per colpire il settore dei servizi) o di rispondere con ritorsioni a eventuali dazi americani. “Ogni dichiarazione potrebbe portare a una nuova escalation”, spiegano al Foglio fonti dell’Ue. La Commissione entro la fine della settimana dovrebbe presentare la proposta legislativa per azzerare i dazi sui beni industriali e altri prodotti importanti dagli Stati Uniti, come previsto dall’accordo con Trump. Sarà un altro banco di prova del “deal” del 27 luglio. Secondo l’intesa, l’Amministrazione Trump dovrebbe immediatamente ridurre i dazi sulle automobili europee dal 27,5 al 15 per cento, con effetto retroattivo al primo agosto. Lo farà? Il diktat digitale di Trump rivela tutta la fragilità del “deal” concluso da von der Leyen, in nome del pragmatismo e sotto la pressione di Germania e Italia.
Il “deal” non è un accordo di libero scambio tradizionale, giuridicamente vincolante, ma un impegno politico fondato su impegni unilaterali delle due parti che possono essere rinnegati in qualsiasi momento. Basta un post su Truth.