Il segretario alla Sanità cancella l’Acip, il comitato dei Cdc che da decenni fornisce raccomandazioni sui vaccini, con accuse ferme al 2000. I dati attuali lo smentiscono, ma gli serviva solio un pretesto: la retorica no vax travestita da “pulizia” istituzionale fa comodo alle lobby più opache
Quando Robert F. Kennedy Jr. ha assunto la guida del Dipartimento della Sanità negli Stati Uniti, una delle sue prime mosse è stata lo smantellamento dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP), il comitato dei CDC che da decenni fornisce raccomandazioni sui vaccini. La motivazione ufficiale con cui ha giustificato la decisione è stata la presenza di conflitti di interesse diffusi tra i membri, arrivando ad affermare che il 97 per cento di loro fosse legato all’industria farmaceutica. Si trattava però di una cifra tratta da un rapporto congressuale del 2000, riferito a un singolo vaccino e a un’epoca in cui le regole sulla trasparenza erano molto meno stringenti di oggi. Kennedy ha ripreso quell’immagine superata, descrivendo l’ACIP come un organo ormai trasformato in un mero strumento di ratifica delle decisioni dell’industria.
La realtà fotografata dai dati più recenti racconta invece tutt’altro. Una ricerca condotta dal centro di politica sanitaria della University of Southern California e dal Center for Science in the Public Interest (CSPI), pubblicata su JAMA, ha ricostruito l’andamento dei conflitti dichiarati tra il 2000 e il 2024. I risultati mostrano che i tassi di conflitto erano effettivamente elevati nei primi anni Duemila, con punte superiori al 40 per cento per l’ACIP e al 25 per cento per il comitato gemello della FDA, il VRBPAC. Ma a partire dal 2010 si è registrata una caduta costante: negli ultimi dieci anni le medie si sono attestate intorno al 6 per cento per l’ACIP e sotto il 2 per cento per il VRBPAC, con interi anni in cui non è stato rilevato alcun conflitto. Anche la natura di quei rapporti è cambiata: la voce più frequente riguarda finanziamenti alla ricerca, cioè legami che nascono dal coinvolgimento degli esperti in studi clinici, mentre i rapporti direttamente collegati a redditi personali – consulenze, azioni, royalties – sono scesi a meno dell’uno per cento. Si tratta quindi di conflitti dichiarati ma marginali, regolati da norme che prevedono la ricusazione dei membri quando la deliberazione tocca un prodotto collegato ai loro rapporti.
In altre parole, Kennedy ha usato come pretesto un problema reale, ma ha scelto dati obsoleti, presentandoli come attuali. Quando ha destituito l’intero comitato, i conflitti erano già a livelli storicamente minimi. Lo hanno sottolineato gli stessi autori dello studio su JAMA, parlando di un evidente scarto fra la retorica politica e la realtà dei numeri. Per molti osservatori si è trattato di un’operazione trasparente: eliminare un organo tecnico che aveva mantenuto indipendenza e rigore, per avere spazio retorico indisturbato nel sostenere la sua agenda antivaccinista. Non a caso, la decisione si inserisce in un quadro coerente con altre azioni del nuovo segretario, come il taglio dei fondi ai vaccini a mRNA o il tentativo, fortunatamente respinto al mittente, di far ritirare studi che scagionano gli adiuvanti a base di alluminio dalle accuse di legame con autismo e asma.
Il punto non è la legittimità di discutere dell’influenza dell’industria sulla sanità – tema che resta cruciale e richiede vigilanza costante – ma la strumentalizzazione di dati vecchi selezionati ad hoc per motivare un atto politico che mina la solidità delle istituzioni scientifiche. Gli esperti parlano apertamente di una scusa, costruita per avanzare un’agenda anti-vaccinista e anti-scientifica. E il fatto che Kennedy abbia eliminato i comitati scientifici senza rimpiazzarli con organi equivalenti e indipendenti rende ancora più evidente che la sua mossa, invece che tutelare il pubblico dagli interessi dell’industria, faciliterà l’azioni di lobby senza contrasto da parte di quest’ultima, dopo una sverniciatura di antivaccinismo retorico per compiacere l’amministrazione.