Al quarantunesimo minuto di Genoa-Lecce di sabato 23 agosto 2025, il portiere del Lecce ha realizzato la parata più dada della prima giornata di Serie A.
Non c’è poi tanta differenza tra un portiere e un dadaista. I portieri da sempre fanno quello che il dadaismo ha provato a fare per poco. Dicevano di loro, i dadaisti, che il dadaismo è “un fenomeno che scoppia nella metà della crisi morale ed economica del dopoguerra, un salvatore, un mostro che avrebbe sparso spazzatura sul suo cammino. Un sistematico lavoro di distruzione e demoralizzazione… che alla fine non è diventato che un atto sacrilego”. I portieri non dicono quasi mai qualcosa di loro, il loro è un mestiere e non un movimento artistico eppure fanno questo da sempre. Distruggono e demoralizzano, compiono atti sacrileghi nei confronti di ciò che dovrebbe essere il bello del calcio: il gol.
Al quarantunesimo minuto di un Genoa-Lecce che probabilmente nessuno ricorderà in futuro, il Genoa aveva cercato di far conservare nella memoria dei propri tifosi almeno un momento di quel pomeriggio di fine estate. In pochi istanti avevano messo insieme parte di ciò che il calcio ora considera bello: una verticalizzazione, un allargamento del gioco con ciò che da sempre è considerato affascinante del calcio, il dribbling – e poco importa se a rientrare verso il centro del campo – e il colpo di tacco, emblema della guasconeria calcistica. E proprio quel tacco aveva indirizzato il pallone verso Valentin Carboni, uno che, dicono, ha il futuro con lui per via di un talento mica banale.
Valentin Carboni ha aspettato il pallone, ha osservato il posizionamento del portiere e i movimenti dell’avversario che gli stava davanti rimpicciolendogli la porta. Quando il pallone è arrivato a un metro e mezzo dietro il cerchio in gesso dal quale si batte il calcio di rigore, lo ha calciato con un movimento leggero ed elegante, uno di quelli che di solito contraddistinguono quelli bravi e che quelli meno bravi non riusciranno mai nemmeno a imitare.
Un tiro che non poteva che essere gol, sebbene non fortissimo e nemmeno precisissimo. Dettagli di poco conto però quando il portiere ha un difensore davanti a coprirgli il momento dell’impatto della palla con il piede dell’attaccante e, soprattutto, quando questa parte bassa, rasoterra. Perché chi è in porta ha un corpo da far scendere e la forza di gravità va quasi sempre meno veloce del pallone.
Non allo stadio Luigi Ferraris di Genova al quarantunesimo minuto di Genoa-Lecce di sabato 23 agosto 2025.
Perché Wladimiro Falcone si è abbassato velocizzando la forza di gravità, ha allargato il braccio destro e con il guantone ha deviato il tiro quel tanto che bastava per indirizzarlo fuori dai pali, oltre la linea di fondo del campo.
Una parata, quella del portiere del Lecce, che è pura distruzione. Non straordinaria, ma straordanariamente capace di essere dissacrante e demoralizzante.
Un balzo bruttino capace di eliminare dalla realtà del calcio qualcosa che invece sarebbe diventato ricordo, e piacevole. E sarebbe diventato ricordo perché certe azioni non le si scorda di solito. Perché il minuto quarantuno di Genoa-Lecce di sabato 23 agosto 2025 poteva essere la prima gioia genoana di un giocatore che potrebbe essere un giocatore di quelli che ce ne ricorderemo.
Questa è la prima puntata di Guanti sporchi, un divertissement calcistico-narrativo sui numeri uno della Serie A e sulla parata che in qualche modo ha reso migliore, almeno dal punto di vista di quella minoranza che si veste diversamente dagli altri in campo, il fine settimana calcistico.