Così l’Eliseo prova a ostruire il progetto dei Fratelli musulmani

Macron convoca un altro Consiglio di difesa e annuncia l’attuazione di nuove misure di “ostruzionismo” sull’islam politico che cresce all’ombra della Torre Eiffel. Ma il rischio di queste iniziative è riflettere l’impotenza generale del sistema

“In Francia non siamo ancora arrivati a quel punto, ma la situazione è la stessa dell’inizio del romanzo ‘Sottomissione’” dice Michel Houellebecq al magazine danese Information. “E’ un processo lento, ma le cose stanno andando così”. Per lottare contro l’“entrismo dei Fratelli Musulmani” (già banditi in Egitto, Arabia Saudita, Emirati arabi, Bahrein, Giordania e Austria), Emmanuel Macron ha convocato un nuovo Consiglio di difesa all’Eliseo. Un vertice che segue quello di fine maggio, giudicato insoddisfacente dal presidente dopo la fuga di notizie sul rapporto sulla presenza islamista sempre più capillare nel paese, strateghi di un islam politico capace di parlare la lingua dei propri nemici per manipolarli meglio.

Macron ha chiesto misure “più ambiziose”. Il contenuto del primo rapporto aveva riacceso il dibattito sull’islam politico che cresce all’ombra della Torre Eiffel. Il documento attribuiva ai Fratelli musulmani una strategia “dal basso”, lenta e discreta, volta a conquistare la società. Macron ha annunciato l’attuazione di nuove misure di “ostruzionismo”, come l’estensione del congelamento dei beni finanziari – finora riservato ai casi di terrorismo – a qualsiasi associazione sospettata di infiltrazione islamista. Ha rafforzato i controlli sulle donazioni alle associazioni e semplificato l’applicazione delle sanzioni contro qualsiasi organizzazione che non rispetti il “contratto repubblicano”, ovvero che voglia sostituire la legge e la laicità con il comunitarismo e la sharia. I prefetti avranno il potere di revocare i sussidi. Infine, si sta valutando un “regime coercitivo per lo scioglimento dei beni delle organizzazioni disciolte”. In breve, i loro beni verrebbero confiscati.

Per un funzionario eletto, il clientelismo islamista funziona così: vota per me e in cambio ti concederò un terreno per la moschea, autorizzerò l’apertura di un negozio halal, sovvenzionerò un’associazione che fornisce assistenza per l’integrazione sociale e, naturalmente, nominerò rappresentanti islamisti, tra i più esperti in materia, nella mia squadra comunale, magari in un dipartimento tecnico della città. I servizi per i giovani, le associazioni, l’istruzione, le attività comunitarie o persino i servizi sociali rappresentano così gli incubatori di questo progetto. Qualche giorno fa è venuto fuori che a Colombes il capo dello staff del sindaco verde gestisce una scuola coranica. Secondo un’inchiesta dal Point, l’istituto Lissen di Colombes è in realtà una scuola coranica, dove vengono offerti corsi di “sensibilizzazione islamica” a bambini dai tre anni in su.

Il rischio di queste iniziative dell’Eliseo è riflettere l’impotenza generale del sistema. O per dirla con il filosofo Pierre Manent, “la laicità può più facilmente spostare una statua di san Michele che trasformare l’islam”. E soprattutto i segnali che arrivano dai ministeri a volte sono ambigui. Il riconoscimento unilaterale dello stato palestinese non serve per promuovere la pace, bensì per assecondare le pretese e le paranoie di una cospicua parte della comunità musulmana interna francese. E’ quanto emerge da un documento del ministero dell’Interno e rivelato dal Point, che raccomanda alla Francia di riconoscere lo “stato di Palestina” come un mezzo per “placare” gli elettori musulmani e calmare le tensioni interne, nell’ambito proprio di un rapporto più ampio sull’influenza dei Fratelli musulmani e dell’islamismo politico nella società, pubblicato a maggio. La raccomandazione suggerisce anche che il riconoscimento della Palestina potrebbe contribuire ad allentare le tensioni interne in Francia dimostrando sostegno ai musulmani in generale. “Sarà necessario un nuovo discorso, che non limiti la Repubblica alla laicità e che proponga i semi di un’‘amicizia civica’”, si legge ancora nel rapporto. Accomodamenti verso l’islam politico. La ricetta per passare dalle divisioni sociali agli scontri violenti.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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