191 giorni di presa in giro sull’Ires premiale

Riforma annunciata a dicembre, benedetta da chiunque abbia a cuore la crescita economica di questo paese, ma non attuata. Un contatore e una svolta necessaria

Sono passati 191 giorni da quando, nella legge di Bilancio varata a fine dicembre, il governo Meloni ha annunciato con grande enfasi l’introduzione dell’Ires premiale: una riduzione dell’imposta per le imprese che reinvestono gli utili in innovazione, assunzioni, sviluppo. Un’idea sacrosanta, benedetta da chiunque abbia a cuore la crescita economica di questo paese. Ma un’idea giusta non vale nulla se intrappolata nella palude delle promesse non mantenute. E l’Ires premiale, oggi, è questo: una promessa disattesa, uno slogan senza decreto attuativo, un simbolo dell’incapacità del governo di passare dalle intenzioni ai fatti. Nel frattempo, le imprese italiane, già alle prese con burocrazia, incertezza normativa e pressione fiscale, oltre all’incertezza generata dall’annuncio dei dazi di Trump, continuano ad aspettare. Aspettano di sapere se e come potranno pianificare i propri investimenti contando su un regime fiscale più favorevole. Aspettano di capire se quel vantaggio fiscale annunciato esiste davvero o se si è trattato solo dell’ennesimo spot.

L’Italia ha bisogno di stimoli, non di attese. Di chiarezza, non di ambiguità. Non si può costruire un’economia solida con strumenti annunciati e mai implementati. Ogni giorno che passa senza Ires premiale è un giorno in cui il governo dimostra di non avere davvero a cuore il destino delle imprese italiane. Di preferire il racconto all’azione, il palcoscenico alla sostanza. Da oggi, questo giornale segnalerà ogni giorno, finché non arriverà il benedetto decreto attuativo, il numero dei giorni passati a parlare di nulla. Giorni in cui il governo ha scelto l’immobilismo e non il coraggio. Giorni in cui si è chiesto alle imprese fiducia senza restituire risposte. Giorni sprecati. Oggi siamo a 191. Domani, speriamo, non dovremo dire 192. Ci sono incertezze difficili da governare, come i dazi. Ci sono incertezze che andrebbero governate, come l’Ires. Essere parte delle soluzioni, e non dei problemi, dovrebbe essere non un’opzione ma un dovere per un governo con la testa sulle spalle.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.