C’è un primo effetto di Trump e Putin sull’Asia orientale

Taiwan guarda alla Russia e alza la protezione contro la Cina e la sua “zona grigia”

L’altro ieri a Taipei, nel palazzo presidenziale, si è tenuta una importante riunione sulla sicurezza nazionale convocata in modo piuttosto inusuale e urgente. Dopo l’incontro con i suoi funzionari, il presidente di Taiwan Lai Ching-te è andato davanti alle telecamere e ha detto che la Cina, con le sue azioni, soddisfa già la definizione di “forza ostile straniera”. L’espressione dice molte cose in una: dice innanzi tutto che Taiwan non è Cina – come invece la Repubblica popolare vorrebbe far credere al resto del mondo, anche se l’isola non è mai stata governata dal Partito comunista cinese. E dice che Pechino ha intensificato le sue tattiche da “zona grigia” contro Taiwan, e che Taiwan non è più disposta a subirle. “Per decenni, la Cina non ha mai rinunciato alla sua ambizione di annetterci e distruggere la Repubblica di Cina (il nome formale di Taiwan, ndr). Non solo continua a intimidire Taiwan attraverso la retorica antagonista e le esercitazioni militari, ma ha intensificato le infiltrazioni e il lavoro del Fronte unito”, ha detto Lai.

Il Fronte unito è una efficace rete di associazioni, gruppi e singoli individui sotto il diretto controllo del Partito comunista cinese che opera in tutto il mondo (anche in Italia) ed è, secondo la maggior parte delle agenzie d’intelligence, il braccio operativo non diplomatico degli interessi cinesi all’estero. I membri del Fronte unito lavorano spesso insieme con il ministero della Sicurezza cinese, il famigerato Guoanbu che ha funzioni di spionaggio e polizia segreta, ma sono civili, e quindi meno individuabili e riconoscibili. Sull’isola di Taiwan molte delle operazioni di guerra ibrida cinesi è portata avanti dal Fronte unito, e “non abbiamo altra scelta che affrontare il problema con un approccio più aggressivo”, ha detto Lai. Tra le misure che saranno introdotte c’è il ripristino del sistema della Corte marziale per gestire i casi di spionaggio – e sono sempre di più – che coinvolgono i militari taiwanesi in servizio. Verranno proposti degli emendamenti per rafforzare la legge sulla sicurezza nazionale, quella anti infiltrazioni e quella sulla cybersicurezza. Ma ancora più importante, la presidenza da un lato promuoverà un censimento dei taiwanesi che hanno fatto domanda o hanno già ottenuto i documenti taiwanesi (ormai si ottengono con estrema facilità, e Lai l’ha chiamato il tentativo da parte cinese di oscurare l’identità taiwanese), e dall’altro lato sarà rivista la possibilità da parte di cittadini cinesi di ottenere documenti taiwanesi, anche in caso di matrimonio.



Si avverte un cambio di passo da parte di Taiwan, che naturalmente ha ragioni anche di politica interna: sempre più spesso i giornali taiwanesi danno conto di operazioni scoperte per influenzare, comprare, reclutare cittadini anche nelle istituzioni e nelle Forze armate per farli lavorare in favore di Pechino, e la retorica che spinge la Cina nel dibattito pubblico è quella dell’ineluttabilità – inutile resistere, “prima o poi verremo a prendervi”, citando le parole che Wu Qian, portavoce del ministero della Difesa di Pechino, ha pronunciato a fine febbraio. Lai, rappresentante del Partito progressista democratico, deve resistere all’assalto del partito di opposizione, il nazionalista Kuomintang, che sta ottenendo sempre più consensi e ha una visione più ottimistica delle relazioni con Pechino, meno belligerante e ben più dialogante. Ma nella testa di Lai e dell’intero arco costituzionale progressista c’è però anche, e molto chiara, la situazione internazionale. L’ambiguità strategica sulla difesa di Taiwan da parte dell’America ha fatto da linea di confine insuperabile per Pechino. Ma con la nuova Amministrazione Trump tutto è di nuovo in bilico. Il tycoon, che ha mollato Zelensky e l’Ucraina nel giro di poche settimane, potrebbe essere tentato da un “accordo” con Pechino anche sull’isola de facto indipendente e democratica. E in più c’è che la leadership della Repubblica popolare cinese si sta preparando da mesi a questo periodo di incertezza e caos, il numero di taiwanesi arrestati per spionaggio sta aumentando, così come le tattiche “grigie” che a Taiwan conoscono bene perché sono pressoché identiche a quelle che la Russia, nel 2019, aveva applicato al Donbas: elargizione generosa di documenti d’identità russi, esercitazioni militari che servivano a coprire reali dislocamenti bellici, per una vera guerra che tutti gli analisti pensavano: ma no, non succederà mai.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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