Orbán usa il veto per salvare tre oligarchi dalle sanzioni russe

Dopo lunghe trattative, ieri l’Ungheria ha tolto il suo veto alla proroga delle sanzioni individuali che colpiscono i complici della guerra di aggressione di Vladimir Putin. La difficile decisione degli altri stati membri

Bruxelles. Viktor Orbán, il primo ministro ungherese, ha usato nuovamente il suo diritto di veto per compromettere il sostegno dell’Unione europea all’Ucraina. Dopo lunghe trattative, ieri l’Ungheria ha tolto il suo veto alla proroga delle sanzioni individuali che colpiscono i complici della guerra di aggressione di Vladimir Putin. Una riunione degli ambasciatori dei ventisette stati membri in mattinata si era conclusa con un nulla di fatto. In serata, l’Ungheria ha detto di essere disponibile a un compromesso, la certezza ci sarà questa mattina.

Non è la prima volta che Orbán mette in discussione le misure restrittive dell’Ue contro la Russia. Già a gennaio Orbán aveva minacciato di far saltare tutte le sanzioni settoriali, quelle che hanno permesso all’Ue di congelare 200 miliardi di euro di attivi sovrani russi, di imporre divieti di importazione ed esportazione e di tagliare la Russia fuori dai circuiti finanziari occidentali. All’epoca aveva ceduto all’ultimo momento. Questa volta Orbán ha portato il resto dell’Ue sull’orlo del precipizio. La presidenza polacca del Consiglio dell’Ue continua a cercare una soluzione di compromesso. “Stiamo lavorando a pieno regime per il piano A. C’è ancora tempo perché si materializzi”, ha spiegato al Foglio una fonte. In realtà il tempo stringe. Le sanzioni individuali scadono alle 23 e 59 di sabato.

Le sanzioni individuali toccano oltre 2.400 tra persone fisiche ed entità. Nelle liste nere dell’Ue ci sono Vladimir Putin e Sergei Lavrov, i membri della Duma e del Consiglio di sicurezza nazionale, ministri, governatori e personalità politiche locali, alti funzionari e militari, comandanti del gruppo Wagner, oligarchi, propagandisti. Nell’elenco delle entità sono stati inseriti le forze armate, pariti politici, banche, media, imprese del settore della difesa, dei trasporti, dell’energia, dell’informatica.

Le sanzioni individuali sono meno potenti delle sanzioni settoriali per minare lo sforzo di guerra di Putin in Ucraina. Alcuni ritengono che abbiano solo valore simbolico. Molte dei soggetti inseriti nelle liste nere non hanno conti correnti nell’Ue. Ma, secondo il Consiglio dell’Ue, 24,9 miliardi di attivi privati sono stati congelati negli Stati membri. Una somma considerevole, che da domenica grazie a Orbán potrebbero tornare a riempire le tasche dei complici di Putin.

Per dare il suo accordo l’Ungheria ha chiesto di togliere dalle liste nere gli oligarchi Dmitry Mazepin, Alisher Usmanov (e la sorella Gulbaor Ismailova), Mikhail Fridman, Viatceslav Kantor, Pyotr Aven e Musa Bazhaev, più il ministro dello sport, Mikhail Degtyaryov. La presidenza polacca dell’Ue ha cercato di fare un gesto presentando altri nomi da togliere dalle liste (come quelli dei defunti). Grazie a un trucco giuridico, gli altri stati membri avrebbero potuto ignorare Orbán e prorogare le sanzioni a maggioranza qualificata, ma avrebbero dovuto sacrificare il proprio diritto di veto in futuro. Ci sono precedenti sulle sanzioni Onu. Ma non c’è stato coraggio politico. “Non c’è appetito per trovare trucchi giuridici per superare questo principio”, spiega un diplomatico europeo. Gli ambasciatori torneranno a riunirsi questa mattina, Orbán ha ottenuto di togliere tre oligarchi dalle liste nere dell’Ue.

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